OPPOSIZIONE A DECRETO INGIUNTIVO E MEDIAZIONE

Mediazione in caso di opposizione a decreto ingiuntivo: chi è tenuto a presentare la domanda?

Corte di Cassazione, terza sezione civile, ordinanza n. 18741 del 2019

Il caso di specie origina quando l’istituto di credito aveva provveduto a notificare ai debitori il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale; gli ingiunti avevano proposto opposizione, proponendo altresì domanda riconvenzionale di risarcimento del danno.

In seguito alla seconda udienza era stata concessa la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo per un importo inferiore, fissando il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

Il Tribunale adito e la Corte d’Appello avevano dichiarato l’improcedibilità dell’opposizione a decreto ingiuntivo e della domanda riconvenzionale, osservando che la mediazione non era stata esperita e che l’onere incombeva sull’opponente.

Nel ricorrere in Cassazione si denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 28 del 2010, art. 5, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3, rilevando che, come riconosciuto in altre pronunce di merito l’onere di presentare la domanda di mediazione è a carico del creditore opposto che ha proposto la domanda di ingiunzione in quanto attore sostanziale.

In base all’art. 5 del d.lgs. n. 28 del 2010 chiunque voglia intraprendere in giudizio un’azione relativa ad una controversia in una delle materie designate, fra cui quella, come nel caso di specie, riguardante i contratti bancari, è tenuto preliminarmente ad espiare il procedimento di mediazione, quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.

L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza. Nel caso in cui la mediazione sia già iniziata, ma non ancora conclusa, il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di durata del procedimento di mediazione.

Allo stesso modo provvede nel caso in cui la mediazione non sia stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda.

Il quarto comma della norma sopra menzionata dispone che la disciplina appena esposta non si applica ai procedimenti per ingiunzione, inclusa l’opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione sospensione della provvisoria esecuzione. Da quanto detto ne discende che:

“costituendo i provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c. una mera eventualità nel processo, il procedimento di mediazione potrebbe non trovare per nulla applicazione nell’opposizione a decreto ingiuntivo. La disciplina dell’eccezione o rilievo d’ufficio alla prima udienza dovrebbe quindi essere coordinata con la specialità del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo. Benché il legislatore non indichi chi, fra l’opposto e l’opponente debba ritenersi onerato della proposizione dell’istanza di mediazione, si deve accertare su quale soggetto ricadano le conseguenze negative dell’improcedibilità, nel caso di mancata proposizione dell’istanza nonostante il termine assegnato dal giudice”.

Sia l’opzione che prevede il debitore opponente che il creditore opposto gravati nell’esperimento della mediazione è sorretta da ragioni tecniche; in primo luogo si può osservare come la Cassazione con la sentenza n. 24629 del 2015 ha ritenuto che:

“l’onere processuale ricade in capo al debitore opponente in quanto parte interessata all’instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione, posto che, in mancanza di opposizione o in caso di estinzione del processo, il decreto acquista esecutorietà e passa in cosa giudicata. Proprio perché la parte interessata ad instaurare il giudizio di cognizione, ed a coltivarlo affinché prevenga alla decisione di merito, è il debitore opponente, su di lui dovrebbero ricadere le conseguenze negative nel caso di mancato esperimento del procedimento di mediazione”.

Per contro invece si può sostenere che l’onere processuale sia a carico del creditore ingiungente e ciò sulla base della circostanza che l’esperimento del procedimento di mediazione è una condizione di procedibilità della domanda giudiziale e che nel caso dell’opposizione a decreto ingiuntivo attore in senso sostanziale è l’ingiunto che ha proposto la domanda di ingiunzione.

Per quanto riguarda la tesi dell’onere a carico del debitore opponente il principio di riferimento è stato enunciato dagli Ermellini con la sentenza n. 24629 del 2015 nei seguenti termini:

“attraverso il decreto ingiuntivo l’attore ha scelto la linea deflattiva coerente con la logica dell’efficienza processuale e della ragionevole durata del processo. E’ l’opponente che ha il potere e l’interesse ad introdurre il giudizio di merito, cioè la soluzione più dispendiosa, osteggiata dal legislatore. E’ dunque sull’opponente che deve gravare l’onere della mediazione obbligatoria perché è l’opponente che intende precludere la via breve per percorrere la via lunga. La diversa soluzione sarebbe palesemente irrazionale perché premierebbe la passività dell’opponente e accrescerebbe gli oneri della parte creditrice”.

Per quanto invece concerne la tesi dell’onere a carico del debitore opposto l’esigenza che viene in rilievo è quella che l’accesso alla giurisdizione condizionata al previo adempimento di oneri non può tradursi nella perdita del diritto di agire in giudizio.

“Il diritto di agire in giudizio, in termini di diritto di accertamento negativo del credito, potrebbe essere compromesso dall’esecutività ed immutabilità del decreto ingiuntivo che conseguirebbe alla pronuncia di improcedibilità per non avere il debitore opponente assolto l’onere a suo carico, senza che tale ipotesi possa equipararsi a quella dell’acquisto dell’efficacia esecutiva da parte del decreto per effetto dell’estinzione del processo, la quale è conseguenza dell’inattività della parte all’interno del processo, una volta che il diritto di azione sia stato esercitato, mentre nell’ipotesi in esame l’irretrattabilità del decreto ingiuntivo, e la relativa perdita del diritto di agire in giudizio, deriverebbero dall’inattività relativa ad un rimedio preventivo rispetto al processo. Nel caso invece di onere incombente sul creditore opposto, alla pronuncia in rito di improcedibilità dovrebbe accompagnarsi la revoca del decreto ingiuntivo, ma resterebbe pur sempre ferma la possibilità per il creditore di riproporre la domanda”.

Essendo la questione di massima importanza la Corte di Cassazione ha rimesso la decisione alle Sezioni Unite.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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