LE INTERCETTAZIONI SE CHIARE E NON AMBIGUE GIUSTIFICANO LA MISURA CAUTELARE DEL CARCERE

Intercettazioni, sì al carcere preventivo per mafia

Corte di Cassazione, sent. n. 17158/2018

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17158 del 2018 ha espresso il seguente principio di diritto:

“In tema di intercettazioni telefoniche, la interpretazione del linguaggio e del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza”.

Tale principio è conforme a quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 2247 del 2015 e n. 50701 del 2016.

Pertanto, con riferimento ai risultati delle intercettazioni di comunicazioni, il giudice di merito ha il dovere di verificare che il significato delle conversazioni intercettate sia connotato dai caratteri di chiarezza, decifrabilità dei significati, assenza di ambiguità, in modo che la ricostruzione del contenuto delle conversazioni non lasci alcun margine di dubbio sul complessivo significato dei colloqui intercettati.

Le intercettazioni se chiare e non ambigue sono sufficienti a giustificare la misura cautelare del carcere quando fondano l’accusa di partecipazione ad un’associazione mafiosa.

Gli Ermellini, con la sentenza in commento hanno confermato, in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 216 del 2017, il ruolo cardine delle intercettazioni come strumento di indagine.

Nel caso di specie quindi la Cassazione ha confermato la decisione adottata dal Tribunale di primo grado, e respingendo le doglianze attoree che sostenevano la natura neutra delle registrazioni acquisite.

Da ultimo, i giudici, con la sentenza in oggetto hanno anche fornito alcune precisazioni con riguardo ai limiti di sindacabilità dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame in materia di libertà personale; specificando che in merito a tali provvedimenti, l’ordinamento non attribuisce alla Corte di legittimità alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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