LA VICENDA PROCESSUALE DEL MARCHIO “MAFIA”

Il marchio “mafia”

Analizziamo la sentenza del 15 marzo del Tribunale UE, sez. IX pronunciatosi nella causa T-1/17

La società “La Mafia Franchises SL”, succeduta il 30 novembre 2006 alla società “La Honorbable Hermendad SL” ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale, ex regolamento CE n.40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario come modificato.

Il marchio in questione “La Mafia se sienta a la mesa”, sarebbe dovuto essere utilizzato nelle insegne di una catena di ristoranti in franchising ma, il Tribunale UE, dopo che la Repubblica Italiana nel 2015 aveva domandato di dichiararne la nullità ha stabilito che è contrario all’ordine pubblico e al buon costume.

Il motivo di nullità dedotto a sostegno della domanda della Repubblica Italiana era quello indicato nell’articolo 7, paragrafo 1, lettera f) del regolamento n. 207/2009. Si riteneva sostanzialmente che il marchio fosse contrario all’ordine pubblico e al buon costume, visto che la parola “mafia” era direttamente collegata ad una organizzazione criminale e che l’uso di detto marchio, oltre a suscitare sentimenti negativi, aveva come effetto quello di manipolare l’immagine positiva della gastronomia italiana e banalizzare il senso negativo di tale elemento.

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L’Euipo aveva accolto la domanda formulata dal nostro paese, e di conseguenza aveva annullato la registrazione del marchio in questione.

La società “Mafia Franchises”, i seguito a tale decisione aveva proposto appello al Tribunale Ue, domandando l’invalidazione del verdetto dell’Euipo, ritenendo che:

“Secondo la prassi dell’EUIPO e la giurisprudenza, un marchio dell’Unione europea devva essere analizzato nel suo insieme. Orbene, il riferimento contenuto nel marchio contestato all’elemento verbale mafia non sarebbe sufficiente a concludere che lo stesso è percepito dal consumatore medio come volto a promuovere o a sostenere tale organizzazione criminale. Al contrario, gli altri elementi che compongono tale marchio implicherebbero piuttosto che lo stesso sia percepito come una forma di parodia o di riferimento ai film della saga il Padrino”.

Inoltre, la società ricorrente sostiene che:

“Molti marchi dell’Unione europea e italiani che contengono la parola mafia sono stati debitamente registrati e producono i loro effetti. La ricorrente cita, in particolare, al fine di illustrare tale punto, due decisioni della commissione di ricorso dell’EUIPO che, secondo la ricorrente medesima, presentano analogie con la presente causa, vale a dire la decisione del 13 gennaio 2012 nel procedimento R 1224/2011-4, relativa alla domanda di marchio dell’Unione europea MAFIA II, e la decisione del 7 maggio 2015 nel procedimento R 2822/2014-5, relativa alla domanda di marchio dell’Unione europea CONTRA-BANDO”.

Secondo i giudici nessun elemento del marchio contestato evoca direttamente la richiamata saga.

La IX Sezione del Tribunale Ue ha condiviso pienamente le doglianze italiane, convalidando la determinazione dell’Euipo: il marchio “trasmette un’immagine complessivamente positiva” della mafia e “banalizza i gravi attacchi sfrenati ai valori fondamentali dell’Unione”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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