LA PENSIONE DI REVERSIBILITA’

PENSIONE DI REVERSIBILITA’ AL CONIUGE

PREMESSA

La pensione di reversibilità è la prestazione che, in una determinata percentuale, viene erogata dall’INPS al coniuge superstite, o al figlio disabile, o al minore figlio del lavoratore o del pensionato, in caso di decesso dello stesso.

Nel caso del coniuge, tale prestazione previdenziale viene erogata fino a quando il coniuge non si risposi e nella percentuale del 60% rispetto all’ammontare percepito dal de cuius.

La pensione di reversibilità, si sottolinea, spetta al coniuge, indipendentemente dalla sua rinuncia o meno all’eredità, quindi ben può sussistere la circostanza di un genitore che rinuncia alla sua quota di eredità in favore dei figli senza con ciò perdere il diritto a percepire la prestazione previdenziale che rappresenta un diritto personale e intrasmissibile.

SEPARAZIONE E PENSIONE

Ci si chiede se al coniuge separato spetti la pensione di reversibilità in caso di decesso dell’altro coniuge.

Al quesito va data risposta affermativa.

Non rileva il regime patrimoniale scelto dai coniugi in costanza di matrimonio, non rileva neppure l’eventuale addebito attribuito al coniuge e tanto meno l’assegnazione o meno dell’assegno di mantenimento in sede di separazione, al coniuge separato spetta la pensione di reversibilità.

In passato la giurisprudenza si era pronunciata in senso difforme al riconoscimento della prestazione al coniuge al quale era stata addebitata la separazione, ma tale orientamento era stato successivamente dichiarato incostituzionale.

DIVORZIO E PENSIONE 

L’Art. 9 del Legge 898/1970 espone che:

‘ In caso di morte dell’ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, il coniuge rispetto al quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza. Qualora esista un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, al coniuge rispetto al quale è stata pronunciata la sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e che sia titolare dell’assegno di cui allo articolo 5. Se in tale condizione si trovano più persone, il tribunale provvede a ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni, nonchè a ripartire tra i restanti le quote attribuite a chi sia successivamente morto o passato a nuove nozze. Restano fermi, nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente, i diritti spettanti a figli, genitori o collaterali in merito al trattamento di reversibilità’.

Dalla lettura della norma risulta che al coniuge divorziato al quale:

– è stato riconosciuto giudizialmente il diritto a ricevere l’assegno divorzile;

– non è passato ad altre nozze;

spetta la pensione di reversibilità.

Se i coniugi superstiti sono più di uno, perché ad esempio il deceduto era passato a nuove nozze, la percentuale da attribuire tra gli aventi diritto varierà a seconda degli anni di matrimonio e alle condizioni di bisogno di ognuno.

CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE

Ma cosa succede nel caso in cui l’assegno divorzile sia stato corrisposto in una unica soluzione?

Al riguardo esistono due orientamenti di segno contrario.

Secondo il primo (Cassazione n. 16744/2011):

ferma la natura previdenziale e l’autonomia del diritto alla pensione di reversibilità in capo al coniuge coniugato, il requisito della ‘titolarità dell’assegno’ deve essere interpretato nel senso che vi deve essere stato un accertamento giudiziale relativo all’esistenza delle condizioni solidaristico-assistenziali che sottendano ad esso, risultando irrilevante che il diritto sia stato già riconosciuto e definitivamente quantificato con pagamento in un’unica soluzione ex art. 5, comma 9 della legge 898/70 e nonostante la norma preveda ‘in tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico’

Secondo un altro (Cassazione, sezione lavoro, n. 10458/2002) la corresponsione dell’assegno divorzile in un’unica soluzione è satisfattiva di qualsiasi altra domanda di contenuto economico.

Attualmente la questione è al vaglio della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, chiamata ad esprimersi sul contrasto.

Attendiamo pertanto la sua pronuncia in merito.

Avv. Elisa Bustreo