LA LIQUIDAZIONE DEL DANNO BIOLOGICO TERMINALE

Il danno biologico terminale

Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 18328 del 2018

Nel caso preso in esame dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18328 del 2018, un uomo aveva domandato il risarcimento dei danni patiti in seguito alla morte del padre, avvenuta a causa di un sinistro stradale quando aveva solamente 51 anni.

Gli Ermellini hanno enunciato il seguente principio di diritto:

“Nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrità fisica patita dal danneggiato sino al decesso. Tale danno, qualificabile come danno biologico terminale, dà luogo a una pretesa risarcitoria, trasmissibile iure haereditatis da commisurare soltanto all’inabilità temporanea, adeguando la liquidazione alle circostanze del caso concreto”.

La Corte d’Appello aveva errata nel liquidare il danno biologico terminale, di natura ereditaria, in base al punto di invalidità permanente, mentre mancava, il presupposto della permanenza in vita della vittima, liquidato con gli importi traslati per via ereditaria.

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Infine si era presa a fondamento del computo la percentuale dell’invalidità del cento per cento, anche se l’uomo, in seguito all’incidente aveva riportato solamente alcune lesioni localizzate, e non compa compromissione totale della validità psicofisica, anche se poi era sopraggiunta la morte.

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Detto altrimenti, i giudici avevano risarcito il danno tanatologico che invece non doveva essere risarcibile, essendo stato leso un bene diverso da quello della salute, e cioè quello della stessa vita, estraneo alla funzione compensativa della responsabilità civile.

Per tali motivi la Corte di Cassazione ritiene che il ricorso presentato dall’assicurazione sia fondato, avendo la corte territoriale liquidato in maniera erronea il danno in questione, con il punto massimo di invalidità permanente, liquidando in tal modo un pregiudizio differente da quello realmente subito.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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