IL VALORE GIURIDICO DELLA VITA DEGLI ANIMALI

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 3674/2018 tratta il valore giuridico della vita degli animali

Con la sentenza n. 8036/18 della Corte di Cassazione penale, aveva sostenuto che il bene giuridico tutelato dell’apparato normativo introdotto con la legge n. 189/2004 fosse la pietas, il sentimento di pietà verso gli animali e non l’animale in sé.

Criticando tale impostazione ed etichettandola come antiquata si è fatta menzione di posizioni più evolutive nella giurisprudenza di merito e di legittimità.

L’occasione per dimostrare tale assunto viene fornito proprio dalla sentenza in commento, ossia la n. 3674 del 2018 della Corte di Cassazione, che pone finalmente la parola fine ad un fatto increscioso, giudicato in primo grado innanzi al Tribunale di Pavia.

V. anche

Gli Ermellini enunciano il seguente principio di diritto:

“non integra elemento essenziale né del reato di uccisione né di maltrattamento di animali l’identificazione della persona offesa dallo stesso, ossia l’animale, posto che la previsione di tali reati riconosce il valore giuridico della vita dell’animale, che è soggetto passivo del reato e non mero oggetto materiale, seppur in una prospettiva di unità dell’ordinamento che esclude qualsivoglia conflitto con le attività lecite che sono espressione della natura e della cultura umana, avendo infatti il legislatore previsto tra gli elementi oggettivi del fatto l’assenza di necessità e la crudeltà che, anche oltre i limiti delle scrutinanti in senso stresso, escludono il potenziale conflitto con altri beni giuridici gravanti attorno all’uomo, con la conseguenza che, una volta accertata la sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie criminosa, la responsabilità dell’autore non è esclusa dal fatto che sia rimasta ignota o non compiutamente identificata la vittima di uno dei reati di cui agli articoli 544 bis e 544 ter del codice penale, ossia l’animale ucciso o maltrattato”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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