IL DOMICILIO DIGITALE DELL’AVVOCATO CORRISPONDE ALL’INDIRIZZO PEC COMUNICATO AL PROPRIO CONSIGLIO DELL’ORDINE

Il domicilio digitale corrisponde all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest’ultimo, è inserito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) gestito dal Ministero della giustizia. Solo questo indirizzo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’effettiva difesa

Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 3709 del 2019

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la sentenza n. 3709 del 2019 ha affrontato un problema inerente l’impugnazione e la tempestività dell’impugnazione.

Nel caso di specie la sentenza impugnata era stata pubblicata il 26 ottobre 2016 e notificata a mezzo PEC il 28 ottobre 2016, mentre il ricorso era stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notificazione il 26 aprile 2017, nel rispetto del termine di decadenza previsto dall’articolo 327 del c.p.c., ma oltre la scadenza del termine “breve” ex artt. 325 e 326 c.p.c.

Si ritiene che la notificazione avvenuta a mezzo PEC fosse inefficace, in quanto spedita ad un indirizzo elettronico inidoneo a ricevere le notifiche telematiche. Nello specifico si trattava di un indirizzo ricavato dall’indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata- INI-PEC, ma non era registrato nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE). L’indirizzo PEC in questione veniva utilizzato per scopi amministrativi e non giudiziari.

La Corte di Cassazione ha già avuto modo di affrontare la questione, come si evince dalle sentenze n. 30139 del 2017 e n. 13224 del 2018, con cui ha disposto che:

“a seguito dell’introduzione del “domicilio digitale“, corrispondente all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza, la notificazione dell’impugnazione va eseguita all’indirizzo PEC del difensore costituito risultante dal ReGIndE; poiché solo quest’ultimo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’organizzazione preordinata all’effettiva difesa, non è idonea a determinare la decorrenza del termine breve di cui all’art. 326 c.p.c., la notificazione della sentenza effettuata ad un indirizzo di PEC diverso da quello inserito nel ReGIndE”.

Pertanto in continuità con quanto appena affermato deve essere pronunciato il sequente principio di diritto:

“Il domicilio digitale previsto dal D.L. n. 179 del 2012, art. 16 sexies, conv. con modif. in L. n. 221 del 2012, come modificato dal D.L. n. 90 del 2014, conv., con modif., in L. n. 114 del 2014, corrisponde all’indirizzo PEC che ciascun avvocato ha indicato al Consiglio dell’Ordine di appartenenza e che, per il tramite di quest’ultimo, è inserito nel Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE) gestito dal Ministero della giustizia. Solo questo indirizzo è qualificato ai fini processuali ed idoneo a garantire l’effettiva difesa, sicché la notificazione di un atto giudiziario ad un indirizzo PEC riferibile – a seconda dei casi – alla parte personalmente o al difensore, ma diverso da quello inserito nel ReGIndE, è nulla, restando del tutto irrilevante la circostanza che detto indirizzo risulti dall’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata (INI-PEC)”.

In applicazione di quanto espresso si deve ritenere che nel caso di specie, la notificazione della sentenza impugnata presso un indirizzo di posta elettronica diverso da quello inserito nel ReGIndE non è idonea a far decorrere il termine per l’impugnazione ex art. 326 c.p.c., e quindi il ricorso risulta tempestivamente proposto.

L’articolo sopra citato dispone che:

“I termini stabiliti nell’articolo precedente sono perentori e decorrono dalla notificazione della sentenza, tranne per i casi previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell’articolo 395 e negli articoli 397 e 404 secondo comma, riguardo ai quali il termine decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al numero 6 dell’articolo 395, o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della sentenza.

Nel caso previsto nell’articolo 332, l’impugnazione proposta contro una parte fa decorrere nei confronti dello stesso soccombente il termine per proporla contro le altre parti”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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