DASPO DI GRUPPO ED IL RISPETTO DEL PRINCIPIO DELLA PERSONALITÀ DEL REATO

SUL CONCORSO DI PERSONE NEL DASPO DI GRUPPO

Il daspo

Con l’acronimo Daspo ci si riferisce al divieto di accedere alle manifestazioni sportive ed in tutti i luoghi, come i palazzetti dello sport, dove possono svolgersi competizioni.

Il quadro normativo

Si tratta di una misura che vede i suoi esordi nel nostro ordinamento nel 1985 e che ha lo scopo di contrastare il fenomeno della violenza in occasione delle manifestazioni sportive, venne formalmente introdotta con la Legge 401/1989 e poi seguirono varie norme:

-D.L. 22 dicembre 1994, n. 717 e successiva conversione in L. 45/1995;

-D.L. 20 agosto del 2001, n. 336 e successiva conversione in L. 377/2001;

-D.L. 24 febbraio 2003, n. 28, e successiva conversione in L. 88/2003;

-D.L. 17 agosto 2005, n. 162, e successiva conversione in L. 210/2005, meglio conosciuta come legge Pisanu;

-D.L. 8 febbraio 2007, n. 8, e successiva conversione in L. 41/2007, meglio conosciuta come legge Amato.

Ma vediamo in cosa consiste più nel dettaglio il Daspo

Come abbiamo già detto, con la misura del Daspo si vieta a chi è ritenuto pericoloso di accedere in luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive.

Tale provvedimento viene emesso dal Questore ed ha una durata variabile tra uno e cinque anni, aumentabile in particolari casi fino ad otto, infatti è previsto che

“in caso di condotta di gruppo di cui al comma 1, la durata non può essere inferiore a tre anni nei confronti di coloro che ne assumono la direzione. Nei confronti della persona già destinataria del divieto di cui al primo periodo è sempre disposta la prescrizione di cui al comma 2 e la durata del nuovo divieto e della prescrizione non può essere inferiore a cinque anni e superiore a otto anni”.

Detto provvedimento viene sempre notificato all’interessato e può anche essere accompagnato dall’obbligo di presentazione a un ufficio di polizia in concomitanza delle manifestazioni vietate,  e ciò chiaramente con l’evidente scopo di fornire prova della propria presenza lontano dalla struttura.

Ove quindi sia previsto l’obbligo di firma, il provvedimento è comunicato anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale competente ed entro 48 ore dalla notifica (art. 6 comma 3 L. 401/89) ne deve seguire la convalida da parte del GIP presso il medesimo Tribunale  pena la perdita di efficacia, solo per la parte attenente la firma.

Il Questore può autorizzare l’interessato, in caso di gravi e documentate esigenze, a comunicare per iscritto il luogo in cui questi possa recarsi per apporre le firme d’obbligo in concomitanza delle manifestazioni sportive.

Il provvedimento può essere disposto anche per le manifestazioni sportive che si svolgono all’estero e anche contro i minorenni, purché abbiano compiuto 14 anni, in tal caso, competente per la convalida sarà il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale per i minorenni.

Il sito del ministero dell’Interno lo definisce “una misura di prevenzione atipica”.

Il DASPO è ricorribile innanzi al TAR, mentre l’ordinanza del G.I.P. che lo convalida nelle ipotesi di cui all’art. 6 commi 2 e 3 L. 401/89 è ricorribile per Cassazione, ma il ricorso non ha effetto sospensivo.

La Corte di Cass. pen. ,Sez. III, con la Sentenza n. 46982 del 2018 si è pronunciata su una vicenda in cui le forze dell’ordine rinvenivano su un furgone diretto ad una partita di calcio del  materiale contundente collocato sotto ogni sedile dei passeggeri  e tifosi.

Visti gli spazi ridotti del mezzo e le rilevanti dimensioni e la quantità dei bastoni e delle mazze si riteneva che ciascun passeggero aveva consapevolezza dell’esistenza delle armi e ne condivideva la presenza.

La vicenda giunge in Cassazione

Gli Ermellini hanno osservato che se è vero che, al fine di garantire il rispetto del principio della personalità della responsabilità penale, si richiede una valutazione individualizzata in ordine all’effettiva disponibilità e contiguità del materiale contundente rispetto al singolo destinatario del provvedimento di DASPO,

“è altrettanto vero che un tale giudizio individualizzato non si rende necessario nel caso in cui tutti i soggetti coinvolti nell’episodio di riferimento abbiano la disponibilità dello stesso e possano dunque pacificamente utilizzarlo per porre in essere le azioni dannose e pericolose che il provvedimento intende neutralizzare, essendo, in tal caso, assolutamente superflua e non rilevante l’effettiva titolarità a titolo individuale dei singoli arnesi. Deve rilevarsi, infatti, che il concetto di “possesso” utilizzato nella L. n. 401 del 1989, art. 6-ter non richiede un quid pluris rispetto alla mera disponibilità dell’oggetto pericoloso, intesa come possibilità di sua apprensione e conseguente utilizzo”

I giudici rammentano anche l’introduzione, tramite il D.L. n. 119 del 2014, art. 2, del c.d. “DASPO di gruppo” (L. n. 401 del 1989, art. 6, comma 1) diretto a colpire i soggetti che, anche attraverso una condotta di gruppo, abbiano tenuto comportamenti finalizzati alla partecipazione attiva ad episodi di violenza, minaccia o intimidazione tali da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione di manifestazioni sportive.

Tale disposizione deve essere letta nel rispetto del principio di personalità della responsabilità penale, richiede necessariamente una valutazione della fattispecie in termini concorsuali, richiedendo, pertanto, l’individuazione di un contributo minimo, morale o materiale, da parte del singolo partecipante al gruppo: contributo ravvisabile nel caso di specie.

Avv. Tania Busetto


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER