Atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo in materia Bancaria (mutuo chirografario – clausola floor e fideiussione)

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TRIBUNALE ORDINARIO DI _______

ATTO DI CITAZIONE IN OPPOSIZIONE AL DECRETO INGIUNTIVO N. _________

EMESSO DAL TRIBUNALE DI ___________,

GIUDICE, DOTT. _________,

NEL PROCEDIMENTO N. ___________, EX ART. 645 C.P.C.

Per i sig.ri

________, C.F. ________, nato a __________ (___) l’_________ e residente in__________ (___) alla via _____ n. ____,

________, C.F. ________, nato a __________ (___) l’_________ e residente in__________ (___) alla via _____ n. ____,

________, C.F. ________, nato a __________ (___) l’_________ e residente in__________ (___) alla via _____ n. ____,

________, C.F. ________, nato a __________ (___) l’_________ e residente in__________ (___) alla via _____ n. ____,

________, C.F. ________, nato a __________ (___) l’_________ e residente in__________ (___) alla via _____ n. ____

, tutti rappresentati, assistiti e difesi, giuste procure alle liti stese in calce al presente atto dall’avv. A________del Foro di ____(C.F.: ______), con domicilio eletto presso il suo studio in _____ (____) via ______ n. ___ e al cui numero di fax ____ e all’indirizzo di P.E.C. _______________ potranno essere inviate le comunicazioni da parte della cancelleria nel corso del giudizio,

CONTRO

BANCA______________, c.f. ________, p.iva ______________, in persona del Presidente pro tempore, con sede legale in_________ (__) alla via ____ n. ___, domiciliata presso lo studio dell’avv. _____ sito in ______ (___) alla via _____ n.

PREMESSO

-che in data ____________, la convenuta-opposta notificava ricorso per decreto ingiuntivo n. ________ emesso in data________dal Tribunale di ________, Giudice, dott. ________, nel procedimento monitorio n. _______ RG, con cui si ingiunge “di pagare alla parte ricorrente per le causali di cui al ricorso, entro quaranta giorni dalla notifica del presente decreto: 1. la somma di € _______; 2. gli interessi come da domanda; 3. le spese di questa procedura di ingiunzione, liquidate in Euro_________ per compenso, in Euro_______ per esborsi, I.v.a. e C.p.a., oltre al rimborso delle spese generali pari al 15% sul compenso ex DM 55/2014”. (doc. 1);

In fatto

In data _________ il sig. _________ stipulava un contratto di mutuo chirografario n. _________ per un importo finanziato di euro ________ con Banca _______________.

A garanzia del predetto mutuo, i signori _________, _____ e __________, rispettivamente coniuge e figli del sig. ____________, rilasciavano fideiussione (omnibus limitata) di € 800.000,00 (doc.2).

Il sig.________, nel corso degli anni, onerava il pagamento delle rate del mutuo, così come previsto dal piano di ammortamento iniziale che prevedeva 84 rate, per un importo mensile di €________, dalla prima data successiva alla stipula del contratto (_________) sino alla data del _________ e, quindi, per complessive 65 rate per un importo totale di €___________ (doc.3);

In data __________, gli odierni attori opponenti, ricevevano comunicazione da parte di Banca _____________, circa la risoluzione ipso iure a causa del mancato pagamento delle rate mensili scadute del suddetto contratto dal______ al __________ e, contestualmente, la banca richiedeva l’immediato pagamento della somma di € _________ costituita da: € _________ per la quota capitale delle rate insolute; € ___________ per la quota interessi delle rate insolute; € ________per interessi di mora maturati su rate insolute al________; € ______ per capitale residuo all’ultima rata insoluta; € _______ per spese su rate non pagate; € ________per spese trasparenza; oltre interessi fino al saldo (doc.4).

Con il presente atto di citazione, i signori ________, ___________, ________, __________ e _____, ut supra rappresentati, difesi e domiciliati, spiegano formale opposizione, ai sensi dell’art. 645 c.p.c., avverso il decreto ingiuntivo identificato in epigrafe, al fine di chiederne la nullità e comunque la revoca per i seguenti motivi di

DIRITTO

  1. Sulla mancata produzione agli atti della copia del contratto di mutuo firmato dalle parti contraenti

La Banca ______________, espone nel proprio ricorso di essere creditrice “della somma di € ______ costituita da: Euro ________ per la quota capitale delle rate insolute; Euro________per la quota interessi delle rate insolute; Euro _______ per interessi di mora maturati su rate insolute al _______; Euro _______ per capitale residuo all’ultima rata insoluta; Euro ______ per spese su rate non pagate; Euro_________ per spese trasparenza; oltre interessi fino al saldo”.

Innanzitutto, preliminarmente, occorre eccepire il fatto che la Banca convenuta opposta, non produce, a sostegno dell’asserito credito vantato, il contratto di mutuo completo ma solamente la prima facciata ove, tra l’altro, non vi è nemmeno la sottoscrizione da parte del mutuatario e/o del mutuante oltre che degli eventuali garanti, e il documento di sintesi. Pertanto, come recita l’art. 2697 c.c. “chi intende far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”. L’omessa produzione della copia del contratto, non assolve l’onere probatorio.

Inoltre, come afferma una recentissima sentenza della Suprema Corte a SS.UU, è sufficiente che il contratto riporti anche solo la firma del contraente mutuatario.

Infatti, “(…) il medesimo contratto deve essere sottoscritto dall’investitore, a cui ne deve essere consegnata una copia, ma il consenso dell’intermediario non deve necessariamente risultare dalla sottoscrizione, ben potendo ricavarsi da comportamenti concludenti di quest’ultimo” (Sentenza n. 898 del 16/01/2018 S.U.). La banca deposita agli atti come documento, una sola facciata del contratto non sottoscritta da nessuna delle parti.

In virtù di questo, si chiede sin d’ora che il Giudice, ex art. 210 c.p.c. ordini alla Banca l’esibizione del contratto di mutuo n. _________ originale recante la sottoscrizione sia del debitore principale, sig. _________ che dei fideiussori.

Ad ogni buon conto, il contratto di mutuo, disciplinato dagli artt. 1813 e ss del codice civile “è il contratto col quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di danaro o di altre cose fungibili e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità”.

Nel caso di specie, il contratto di Finanziamento, stipulato in data _______, prevede un importo finanziato di euro __________, ove è previsto un periodo di ammortamento di _______ mesi, durante il quale il contraente si impegna a corrispondere 12 rate annue, comprensive di quote di rimborso del capitale e di interessi determinati secondo le condizioni convenute, a partire dal _________.

Il piano di ammortamento dell’operazione è sviluppato mediante l’applicazione della metodologia “alla francese” e prevede rate variabili costituite da una quota interessi, calcolata sul debito residuo alla rata precedente, ed una quota capitale pari alla differenza tra l’importo della rata e la quota interessi.

Per quanto riguarda le specifiche tecniche dello stesso, si stabilisce che il tasso di interesse per il periodo di ammortamento è soggetto a variazioni periodiche ed è aggiornato assumendo come parametro di base il tasso Euribor 3 mesi media mese precedente e aggiungendo uno spread del 1,50% ed è pari al momento della stipula al 3,50%.

Si stabilisce, altresì che, tale tasso non potrà mai scendere sotto una soglia minima prefissata stabilita nella misura del 3,50% (tasso floor).

Viene inoltre convenuto un tasso di mora variabile, prevedendo che sia agganciato per ciascuna rata al tasso corrispettivo maggiorandolo di 3,00 punti percentuali.

Il valore alla stipula di detto tasso, dato dalla somma tra il tasso corrispettivo di ingresso e la maggiorazione, è pari al 6,50%. Tale tasso si applica in caso di ritardato pagamento delle rate previste dal piano di ammortamento.

Da quella facciata del contratto di mutuo prodotto dalla banca, si può notare, in basso, che a garanzia del credito, i signori ____, ______ e__________, rispettivamente coniuge e figli del sig. _________, hanno, presumibilmente, rilasciato fideiussione (omnibus limitata) di € 800.000,00.

  1. Sulla nullità delle fideiussioni c.d. “omnibus”

Ricollegandoci al punto di cui sopra, controparte a sostegno della propria pretesa creditoria, produce in giudizio tutta una serie di atti di fideiussione e dei relativi aumenti, prestate sempre dalla moglie e dai figli del sig. _________, oltre che dalle sorelle dello stesso (tra cui una ormai, sig.ra ___________deceduta), tutte rilasciate a favore della Banca convenuta opposta, per l’adempimento delle obbligazioni dipendenti da operazioni bancarie di qualunque natura, sia esistenti che future, ma che sono anteriori alla stipula del contratto di mutuo di cui si discute.

Sorge spontaneo chiedersi come mai la Banca, a fronte dell’erogazione di un finanziamento di € __________ abbia richiesto, in aggiunta alle precedenti di cui sopra, una somma così alta a titolo di garanzia (€ 800.000,00) e, da tre persone!

È ormai pacifico che, oltre a quanto stabilito per legge dall’art. 1938 c.c., consolidata Giurisprudenza più recente, sia orientata in senso favorevole al rilascio di fideiussioni anche per operazioni future, purché venga indicato l’importo massimo garantito, ma francamente, si ritiene che per una somma relativamente bassa, sia sproporzionato farsi rilasciare una garanzia di gran lunga più elevata e da più di una persona.

Si tratta di sproporzione genetica! “Nei casi di sproporzione genetica, infatti, la condotta della banca finalizzata ad ottenere, all’atto della sottoscrizione del contratto, il rilascio di garanzie ultronee e non necessarie è destinata a soccombere allo scrutinio di legittimità condotto sulla base dei criteri di correttezza e buona fede cui deve uniformarsi il comportamento delle parti nel corso delle trattative contrattuali in modo tale da impedire la pattuizione di condizioni contrattuali del tutto irragionevoli ed ingiustificate” (Collegio di Roma, decisione n. 2359/2011).

Pertanto, nei casi di rilascio di garanzie, l’orientamento dei Collegi è nel senso di affermare, in virtù del disposto degli artt. 2872 c.c. e 39, co. 5, TUB, l’esistenza di un principio generale di proporzionalità delle garanzie creditorie rispetto all’entità del credito cui accedono.

Non solo. Si riscontra che in ogni atto di fideiussione, è stata predisposta la clausola di deroga dell’art. 1957 c.c. che stabilisce testualmente “Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate. La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell’obbligazione principale. In questo caso però l’istanza contro il debitore deve essere proposta entro due mesi. L’istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore”.

Con la sentenza n. 3016 del 23.08.2018, il Tribunale di Salerno interviene sulla questione della nullità dei contratti di fideiussione stipulati dalle banche con i clienti in conformità del modello ABI, decisa dalla Corte di Cassazione sez. I°, che, con ordinanza n. 29810 del 12 dicembre 2017, ne ha sancito la nullità per violazione dell’art. 2 L. 287/1990 (norme antitrust).

Il modello ABI di contratto di fideiussione è stato già criticato dalla Banca d’Italia che, con provvedimento del 2 maggio 2005, ha ravvisato la contrarietà di alcuni articoli in esso contenuti all’art. 2, comma 2, lett. a, l. n. 287 del 1990, in quanto integranti gli estremi di un’intesa restrittiva della concorrenza, con conseguenze pregiudizievoli per il garante. In particolare, apparivano suscettibili di arrecare un significativo vantaggio alla banca creditrice, le previsioni contenute nel modello di deroga all’art. 1957 c.c., che diluiva a dismisura i termini per far valere le proprie ragioni nei confronti del garante, e di estensione della garanzia anche agli obblighi di restituzione derivanti dall’invalidità del rapporto principale, chiaramente ulteriori e diversi rispetto agli obblighi garantiti al momento della stipulazione.

Sulla questione si era già pronunciato, prima dell’intervento della Suprema Corte, anche il Tribunale di Venezia che, con sentenza 6.6.2016, aveva accertato la nullità delle clausole contenute in un contratto di fideiussione bancaria riproducente il modello ABI, poi sanzionato dalla Banca d’Italia, rilevando che la grave sanzione della nullità della deroga dell’art. 1957 c.c., era giustificata dalla circostanza di essere il risultato di una intesa restrittiva della concorrenza, che viola il divieto posto dall’art. 2, comma 2, l. 287/90.

Il Tribunale di Salerno con la sentenza n. 3016/2018 conferma le decisioni della Suprema Corte “in punto di riflessi sul negozio “a valle” della nullità dell’intesa “a monte”, ma è importante perché si spinge anche ad escludere l’applicabilità dell’art. 1419 c.c. 2° comma, nella parte che prevede che la nullità di singole clausole contrattuali non comportano la nullità dell’intero contratto se sostituite di diritto da norme imperative, perché la tutela effettiva per il contraente debole sotto il profilo concorrenziale trova il suo fondamento nei principi generali comunitari e costituzionali, e in particolare nell’art. 41 della Costituzione, che contempera la libera iniziativa economica con il limite dell’utilità sociale, nel senso che la prima deve intendersi inscindibilmente connessa ai valori personalistici e solidaristici. Le clausole di una fideiussione stipulata sul modello ABI 2003 contrarie alla normativa antitrust incidono pesantemente sulla posizione del garante, dal momento che con esse, si assicura la stabilità della garanzia a prescindere dalla carenza dell’obbligazione principale, il risorgere della garanzia in seguito al risorgere del credito e l’integrità dei diritti derivanti alla banca dalla fideiussione fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore” (la tesi della nullità della fideiussione bancaria stipulata sul modello ABI del 2003 per violazione delle norme antitrust è stata seguita già da altri Tribunali, quali il Tribunale di Roma e il Tribunale di Padova).

Pertanto, tutti gli atti di fideiussione rilasciate a favore della _______ dagli odierni opponenti a garanzia del debito assunto dal sig. ________ nei confronti della banca, in quanto prevedono la deroga di cui all’art. 1957 c.c., devono considerarsi nulle; di conseguenza, i fideiussori, signori _____, ____ e ________, rispettivamente coniuge e figli del sig. ___________, non sono coobbligati solidalmente con il debitore principale.

  1. Sui profili giuridici di indeterminatezza delle condizioni contrattuali

Nella perizia sviluppata dal perito contabile di parte, dott.ssa _________(doc.5), è stata condotta una specifica analisi volta ad individuare eventuali profili di illegittimità riconducibili alle fattispecie di indeterminatezza delle condizioni pattuite in contratto, riconducibili all’inosservanza delle norme sulla trasparenza bancaria disciplinate dal TUB. In particolare

3.1 sulla clausola floor

Come più sopra accennato, tra le condizioni previste nel contratto in oggetto, è presente la clausola floor in base alla quale il tasso d’interesse non può scendere, nel caso di specie, al di sotto del 3,50%.

La clausola floor è una clausola ricorrente nei contratti di mutuo a tasso variabile stipulati dalle banche con la propria clientela. Essa prevede che l’interesse dovuto dal mutuatario non possa scendere al di sotto di una certa soglia, indipendentemente dal variare del valore dei parametri a cui è legato l’interesse dovuto.

L’utilizzo di tali clausole garantisce il mutuante da eventuali flessioni significative del tasso Euribor: infatti, questi riceverà dal mutuatario interessi almeno pari al valore percentuale individuato dalle clausole floor, anche nell’ipotesi in cui la somma del tasso Euribor e dello spread sia inferiore a tale percentuale.

Le suddette clausole sono oggetto di contestazioni in quanto potenzialmente vessatorie, in virtù dell’art. 33 del Decreto Legislativo n. 206/2005, il cosiddetto Codice del Consumo: “le clausole di un contratto tra consumatore e professionista sono vessatorie se comportano a carico del consumatore un significativo squilibro dei diritti ed obblighi derivanti dal contratto”.

È ragionevole pensare che, se nel contratto sia prevista solo una clausola floor e non una corrispondente speculare clausola tetto che tuteli il mutuatario, si sia in presenza di uno squilibrio contrattuale.

Inoltre, si sostiene che la clausola floor inserita in un finanziamento sarebbe un derivato implicito assimilabile ad un interest rate floor.

La clausola floor sarebbe qualificabile come derivato di copertura con cui la banca si protegge dal rischio che il tasso d’interesse del finanziamento scenda al di sotto dello strike price (ovvero l’interesse minimo garantito), violando i doveri di diligenza, correttezza e trasparenza posti a carico dell’intermediario.

La qualificazione della clausola floor come derivato implicito, comporta la nullità della stessa perché determina un’alea unilaterale a danno del cliente il quale non riceverebbe alcun corrispettivo in cambio della sottoscrizione del derivato, non beneficiando neppure della mera possibilità di utilità future connesse alla fluttuazione del tasso d’interesse nel caso in cui il tasso oscillasse in rialzo.

In considerazione del fatto che il floor è un derivato di tipo opzionale, si può sostenere che l’operazione è affetta da nullità se si commercializza un derivato senza però richiedere nel contratto le informazioni previste per legge sulla vendita degli strumenti finanziari, dei quali solo in modo non esaustivo possiamo richiamare il mancato rispetto dell’art. 21 del TUF (dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza e nell’interesse del cliente) e degli articoli che vanno dal 27 al 32 del Regolamento Consob del 1998, così come modificato a seguito delle Direttive MiFID.

Inoltre, stabilire la sola opzione floor appare fortemente penalizzante per i mutuatari in quanto non controbilanciata dalla previsione di una opzione c.d. CAP (tetto per la revisione in aumento delle rate di mutuo) a favore degli stessi mutuatari.

Un floor, predisposto a vantaggio unilaterale della concedente, senza CAP a tutela del cliente, implica una evidente sbilanciamento dell’alea, con la conseguente nullità, qualificandosi il contratto come ad alea unilaterale, con la conseguenza che gli interessi perseguiti non potrebbero essere tutelati ex art. 1322 c.c. per causa illecita.

La conseguenza della nullità comporterebbe che la clausola floor non potrebbe più gravare il rapporto per quanto attiene agli interessi, con la conseguenza che i mutuatari potrebbero richiedere indietro tutte quelle somme eccedenti rispetto al tasso variabile intervenute per effetto della fissazione di un tasso minimo e della violazione della normativa sulla trasparenza bancaria.

A conferma di quanto sopra indicato, si è espresso il Tribunale di Udine con la sentenza n. 850/2017 ove motiva infatti che “il cliente deve comprendere la funzione specifica di tale clausola (finanziaria, e non legata al contratto base), ed il suo corretto valore; solo così egli saprà quali sono i costi, anche impliciti o differiti, associati alla più ampia operazione di finanziamento”.

Sul versante rimediale, il Tribunale di Udine si pone la questione dell’estensione della nullità della clausola floor all’intera disciplina convenzionale dell’indicizzazione, risolvendola, correttamente, nel senso del carattere inscindibile della componente derivativa dal complesso della disciplina convenzionale del tasso variabile, ed invece nel senso del suo carattere non essenziale rispetto all’intero contratto.

Nella fattispecie in oggetto si evince che, il mutuatario, sig. ________, dal ________ (prima rata successiva alla stipula del contatto) al________, ha corrisposto all’istituto per effetto della clausola floor, interessi per un importo pari ad euro _________. Se nel contratto non fosse stata prevista la clausola floor e il tasso sarebbe variato in base ai parametri indicati nel contratto, il mutuatario avrebbe corrisposto all’istituto per lo stesso periodo, una somma complessiva pari ad euro ______e, quindi, ben € ____________ in meno!

Non solo. È valida ed efficace la cd clausola floor, espressamente approvata dal mutuatario, quando la stessa è espressa in modo chiaro e cristallino tanto da non lasciare il dubbio, neppure al mutuatario più inesperto sulle conseguenze, su di un mutuo a tasso variabile, che quella pattuizione avrà nel corso della vita del rapporto (Tribunale di Padova, 25 ottobre 2016).

Nel contratto di mutuo de quo, vi è scritto semplicemente che “il tasso di interesse da corrispondere alla banca, ridefinito secondo le norme sopra indicate, non potrà mai scendere al di sotto di una soglia minima prefissata”, senza minimamente spiegare a colui che andrà a sottoscrivere il contratto di finanziamento, ciò che comporta, in termini di vantaggi, svantaggi e convenienza, l’applicazione di tale clausola.

Il Tribunale afferma inoltre che, un mutuo a tasso variabile con clausola floor è meno conveniente di un mutuo a tasso variabile puro poiché non beneficerebbe di eventuali riduzioni dell’indice Euribor al di sotto del floor pattuito!

È evidente, dunque, lo svantaggio economico che tale clausola ha provocato ai danni del mutuatario.

3.2 sul tasso di mora convenuto

Dal contratto di finanziamento si rileva che il tasso di mora, nella misura inizialmente convenuta, è pari a 6,500%. Tale tasso di interesse, al momento della stipula del contratto, avvenuta in data __________, risulta inferiore al tasso soglia rilevato dalla Banca d’Italia per il periodo e la classe di operazioni su menzionati pari al 18,495%.

Nel corso del finanziamento, sono state pagate delle rate dopo la data di scadenza stabilita dal piano di ammortamento e su queste la banca ha applicato gli interessi di mora.

Dalla comunicazione inviata dall’Istituto Bancario al mutuatario in data ________, si legge che gli interessi di mora calcolati sulle rate scadute e non pagate dal ______ al _________ risultano essere in data _______ pari ad euro____________.

Da quanto si evince dalla perizia econometrica redatta dal perito di parte, dott.ssa ____________ qui allegata, non è stato possibile calcolare il TEG sulla mora di ogni singola rata e verificarne il superamento dei tassi soglia per tempo vigenti (usura sopravvenuta), poiché l’istituto ha indicato la somma complessiva e non l’importo calcolato e addebitato su ogni rata pagata in ritardo, violando i principi di trasparenza bancaria sanciti dall’art. 117 TUB.

3.3. Errata indicazione del TAEG

Il valore del TAEG indicato nel contratto pari al 3,694% risulta diverso dal valore ricalcolato seguendo le disposizioni della Banca d’Italia che è pari al 4,549%, violando quanto disposto dalla delibera C.I.C.R. del 4.3.2003 e dall’art. 117 T.U.B.

In base alle norme sulla trasparenza bancaria, gli intermediari finanziari devono indicare ai clienti, consumatori o no, il costo complessivo del finanziamento, attraverso l’indicazione nei contratti di un indicatore di costi, espresso con l’acronimo l’ISC o TAEG (quest’ultimo relativo al credito al consumo), nella pagina successiva si fa riferimento alla formula indicata da Banca d’Italia per il calcolo dello stesso.

L’omessa indicazione nel contratto di finanziamento dell’ISC (che equivale al TAEG) costituisce un grave vizio genetico, comportante la nullità del contratto stesso mentre la scorretta indicazione dell’ISC comporta invece la nullità della sola clausola afferente gli interessi.

Quanto alla disciplina normativa, occorre fare riferimento al comma 8 dell’art.117 TUB, il quale stabilisce che “la Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia.”

Relativamente alla questione in esame, le istruzioni della Banca d’Italia di riferimento sono quelle emanate dal CICR con delibera del 4 marzo 2003 contenente la disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni dei servizi bancari e finanziari.

La delibera, all’art.9, stabilisce che “al contratto è unito un documento di sintesi delle principali condizioni contrattuali, redatto secondo i criteri indicati dalla Banca d’Italia. La Banca d’Italia individua le operazioni ed i servizi per i quali, in ragione delle caratteristiche tecniche, gli intermediari sono obbligati a rendere noto un indicatore sintetico di costo comprensivo degli interessi e degli oneri che concorrono a formare il costo effettivo dell’operazione per il cliente”.

L’indicazione dell’ISC rappresenta dunque un elemento tipico del contratto di finanziamento, la sua omessa indicazione comporta la nullità del contratto per la mancanza dei requisiti minimi di trasparenza voluti dal legislatore.

La banca opponente non ha menzionato, indicato nè allegato al contratto di mutuo, la suddetta indicazione ISC.

Pertanto, l’errata indicazione dell’ISC o del TAEG (per il credito al consumo) comporta invece l’applicabilità del comma 6 del già richiamato art. 117 TUB il quale dispone che: “sono nulle e si considerano non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati nonché quelle che prevedono tassi, prezzi e condizioni più sfavorevoli per i clienti di quelli pubblicizzati”.

La sanzione non è dunque quella della nullità dell’intero contratto ma della sola clausola afferente agli interessi pattizi che, in osservanza al disposto del comma 6 dell’arti 117 TUB comporta la sanzione del ricalcolo degli interessi al “il tasso nominale minimo e quello massimo, rispettivamente per le operazioni attive e per quelle passive, dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari eventualmente indicati dal Ministro dell’economia e delle finanze, emessi nei dodici mesi precedenti la conclusione del contratto o, se più favorevoli per il cliente, emessi nei dodici mesi precedenti lo svolgimento dell’operazione”.

È interessante notare che anche l’ABF (Arbitro Bancario Finanziario) ha recentemente ritenuto che i costi relativi alla polizza sottoscritta dal mutuatario in quanto prevista dell’art. 2, comma 3, lett. d), del D.M.8 luglio 1992, devono essere ricompresi nel calcolo del TAEG. A tale proposito, l’arbitro bancario ha ritenuto irrilevante che il modulo prestampato dall’intermediario qualifichi tale polizza come “facoltativa”.

Il Collegio Arbitrale di Roma ha quindi pronunciato nel senso dell’applicazione di quanto previsto ai commi 6 e 7 dell’art. 125-bis T.U.B., essendo nulla la clausola di determinazione del TAEG, con la conseguenza che al mutuatario dovranno essere restituiti gli interessi pagati in eccedenza, in base al ricalcolo effettuato in base ai tassi BOT. Ancora sul punto, di recente la sentenza del Tribunale di Ancona del 31 maggio 2018, ribadisce che l’errata indicazione dell’ISC o del TAEG comporta la nullità della clausola afferente gli interessi e quindi il ricalcolo del tasso Bot secondo l’art. 117 comma 6 TUB.

Per le ragioni sopra menzionate una mancata, o non corretta indicazione dell’ISC o TAEG alla data di stipula di un finanziamento può portare persino alla restituzione da parte della banca di tutti gli interessi indebitamente corrisposti.

  1. ricalcolo del piano di ammortamento

Nel prospetto denominato “verifica pagamenti” (pag. 29 e ss. della citata perizia), si riportano gli importi delle rate sino ad oggi pagate, le relative spese e le penalità per ritardato pagamento, qualora intervenute.

Per ogni rata pagata è stato verificato il superamento del tasso soglia (c.d. usura sopravvenuta mediante il calcolo del TEG risultante, secondo la formula classica:

(QUOTA INTERESSI RATA X 365) / (CAPITALE RESIDUO X GIORNI)

In ragione dell’analisi sin qui condotta e di tutte le precedenti osservazioni, è stato rideterminato integralmente il piano di ammortamento, ricalcolando gli interessi corrispettivi ad un tasso sostitutivo pari al rendimento minimo dei Buoni Ordinari del Tesoro (BOT) rilevato nei 12 mesi precedenti il periodo di decorrenza degli interessi.

Le quote di rimborso in linea capitale del piano di ammortamento così ricostruito sono state assunte pari ai valori previsti dal piano originario.

Sulla base del piano di ammortamento così rideterminato e delle ulteriori considerazioni riportate in precedenza, si è provveduto infine a valutare la differenza tra gli importi effettivamente corrisposti e gli importi previsti dal piano di ammortamento ricalcolato. Sono stati inoltre quantificati gli interessi legali relativi alle differenze evidenziate alla data del 23/11/2018. Tali differenze sono state rivalutate secondo gli indici ISTAT.

Alla luce di quanto sopra esposto, la somma che gli odierni opponenti hanno diritto a vedersi ridimensionare, a fronte di quanto chiesto da ______€__________ ammonta a €____________ (tab. scomposizione somme da recuperare, pag. 40 perizia).

Tali somme risultano dal ricalcolo del piano di ammortamento effettuato dove, tra l’altro, si riscontra che la rata mensile che avrebbe dovuto corrispondere mensilmente il sig. Rettore reca un importo diverso e variabile, oltre che più basso, rispetto a quello pagato di fatto alla banca di € ________.

Tutto ciò premesso, i signori ___, ____, _______, _____e _________ ut supra rappresentati, difesi e domiciliati

 

CITANO

BANCA _____________ c.f. _________, p.iva ___________, in persona del Presidente pro tempore, con sede legale in _______ (______) alla via ________ n.____, domiciliata presso lo studio dell’avv. ______ sito in _______ (____) alla via ________ n. _______, a comparire avanti il Tribunale di ____________, all’udienza che ivi sarà tenuta in data ___________ ore di rito, avanti il Giudice designando, con invito a costituirsi, ai sensi e nelle forme stabilite dall’art. 166 cpc, nel termine di 20 giorni prima dell’udienza indicata nel presente atto, oppure di quella fissata ai sensi dell’art. 168 bis c.p.c., con l’avvertimento che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., e con avviso che in caso di mancata costituzione si procederà in sua dichiarata contumacia, per ivi sentire accogliere le seguenti

CONCLUSIONI

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis

in via principale e nel merito:

  • Accertare e dichiarare la nullità delle fideiussioni rilasciate dai signori __, ______, ____ e _________ a Banca _________________ a garanzia del debito assunto dal sig. Renato Rettore e, per l’effetto

dichiarare l’estromissione dei signori __, ______, ____ e _________, in quanto ritenuti non obbligati solidalmente con il debitore principale, per tutti i motivi esposti in diritto;

  • accertare e dichiarare, senza alcuna inversione dell’onere della prova e previa ogni necessaria declaratoria di nullità, l’insussistenza e/o l’infondatezza e/o l’inesigibilità del credito ex adverso azionato di €________ ovvero, in via subordinata, ridurne l’ammontare per un importo di € ________e/o nella maggiore o minore somma risultante all’esito della ctu contabile e per le ragioni tutte esposte in diritto;
  • accertare e dichiarare la nullità del contratto di mutuo chirografario stipulato in data __________, ai sensi dell’art. 117 TUB, nonché per indeterminabilità dell’oggetto e la trasparenza delle condizioni economiche previste in contratto, per tutte le ragioni esposte in diritto;
  • per l’effetto e in ogni caso revocare il decreto ingiuntivo opposto n. ___________ meglio specificato in epigrafe.
  • Con vittoria di spese, onorari, IVA e CPA come per legge.

In via istruttoria:

  • ordinare alla___________ convenuta opposta ex art. 210 c.c, l’esibizione del contratto di mutuo n. __________ in originale sottoscritto dal debitore principale, sig. ______________, e dai fideiussori.

Si chiede sin d’ora venga ammessa CTU contabile volta al ricalcolo del mutuo affinchè vengano rispettati i tassi convenzionali, corrispettivi e moratori, stabiliti nel contratto di mutuo stipulato in data________ ed, in caso contrario, ricalcolare gli stessi secondo la formula del TAEG ( o ISC), al tasso convenzionalmente pattuito determinando il nuovo saldo debitore; ricalcolo del piano di ammortamento allegato al contratto di mutuo, volto all’accertamento della violazione della normativa antiusura da parte della banca convenuta opposta, dell’applicazione di interessi corrispettivi e moratori superiori al tasso soglia previsto per il tipo di operazione bancaria; nell’ipotesi che la pattuizione contrattuale originaria risulti maggiore del tasso soglia, procedere al ricalcolo e determinazione delle vari rate del finanziamento secondo l’originario piano di ammortamento, alla quantificazione degli interessi, competenze e spese collegate e comunque riconducibili all’erogazione del finanziamento e, di conseguenza, del debito residuo alla data di estinzione naturale del contratto tenuto conto dei versamenti effettuati determinando, inoltre, la somma indebitamente percepita dalla banca.

Con ogni più ampia riserva di meglio dedurre, eccepire, produrre documenti, formulare capitoli di prova per interrogatorio formale e per testi sulle circostanze sopra indicate, con riserva di indicare i testimoni e di integrare le produzioni documentali.

Si producono:

-fascicolo monitorio n. ___________;

1) ricorso per decreto ingiuntivo notificato;

2) contratto di mutuo;

3) piano di ammortamento;

4) comunicazione del _________ BCC;

5) perizia econometrica dott.ssa ____________.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 n° 115, si dichiara che la presente controversia ha valore di Euro __________ e, pertanto, il pagamento del contributo unificato ammonta ad € _________.

_____, 1lì __________

Avv. _______________


CONSIDERAZIONI SULLA CLAUSOLA “FLOOR” :QUESTIONI GIURIDICHE CONNESSE ALLA SUA VALIDITÀ E LEGITTIMITÀ

Quando si ha l’intenzione di contrarre un mutuo presso una banca, ci si trova di fronte alla possibilità di stipularlo a tasso fisso o a tasso variabile.

Il mutuo è a tasso fisso quando la rata è stabilita in partenza e non subisce mai variazioni indipendentemente da eventuali oscillazioni, al rialzo o ribasso, dei tassi di interesse; è variabile quando il tasso applicato è legato all’andamento di un parametro di riferimento – generalmente indici di mercato che cambiano in base all’andamento del mercato finanziario, come l’Eurirs (Euro Interest Rate Swap) e l’Euribor (Euro Interbank Offered Rate) – che è appunto variabile nel tempo e a cui si aggiunge lo spread, ovvero la maggiorazione pagata sul tasso di riferimento che copre i costi per la concessione del mutuo.

Il principale vantaggio di un mutuo a tasso variabile, quindi, è la possibilità di beneficiare di costi più contenuti, anche se influenzabili dalle oscillazioni dei mercati.

Molto spesso però, proprio nei mutui a tasso variabile, viene inserita dalla banca la c.d. “clausola floor”, in base alla quale il tasso d’interesse non può scendere al di sotto di una certa percentuale.

Come appena accennato, la clausola floor è una clausola ricorrente nei contratti di mutuo a tasso variabile stipulati dalle banche con la propria clientela. Essa prevede che l’interesse dovuto dal mutuatario non possa scendere al di sotto di una certa soglia, indipendentemente dal variare del valore dei parametri a cui è legato l’interesse dovuto.

L’utilizzo di tali clausole garantisce il mutuante da eventuali flessioni significative del tasso Euribor: infatti, questi riceverà dal mutuatario interessi almeno pari al valore percentuale individuato dalle clausole floor, anche nell’ipotesi in cui la somma del tasso Euribor e dello spread sia inferiore a tale percentuale.

Il dibattito sulle questioni giuridiche connesse alle clausole floor è di grande attualità in quanto le politiche monetarie adottate negli ultimi anni hanno comportato una progressiva riduzione del tasso Euribor che al momento, secondo i dati ufficiali, è prossimo allo zero, se non negativo.

Le clausole sono oggetto di contestazioni in quanto potenzialmente vessatorie, in virtù dell’art. 33 del Decreto Legislativo n. 206/2005, il cosiddetto Codice del Consumo secondo il quale:

le clausole di un contratto tra consumatore e professionista sono vessatorie se comportano a carico del consumatore un significativo squilibro dei diritti ed obblighi derivanti dal contratto.”

Pertanto, se nel contratto sia prevista solo una clausola floor e non una corrispondente speculare clausola tetto che tuteli il mutuatario, è legittimo pensare che si sia in presenza di uno squilibrio contrattuale.

Inoltre, si sostiene che la clausola floor inserita in un finanziamento, sarebbe un derivato implicito assimilabile ad un interest rate floor.

La clausola floor sarebbe qualificabile come derivato di copertura con cui la banca si protegge dal rischio che il tasso d’interesse del finanziamento scenda al di sotto dello strike price (ovvero l’interesse minimo garantito), violando i doveri di diligenza, correttezza e trasparenza posti a carico dell’intermediario.

La qualificazione della clausola floor come derivato implicito, comporta la nullità della stessa perché determina un’alea unilaterale a danno del cliente il quale non riceverebbe alcun corrispettivo in cambio della sottoscrizione del derivato, non beneficiando neppure della mera possibilità di utilità future connesse alla fluttuazione del tasso d’interesse nel caso in cui il tasso oscillasse in rialzo.

In considerazione del fatto che il Floor è un derivato di tipo opzionale, si può sostenere che l’operazione è affetta da nullità se si commercializza un derivato senza però richiedere nel contratto le informazioni previste per legge sulla vendita degli strumenti finanziari, dei quali  solo in modo non esaustivo si possono richiamare il mancato rispetto dell’art. 21 del TUF  (dovere di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza e nell’interesse del cliente) e  degli articoli che vanno dal 27 al 32 del Regolamento Consob del 1998, così come modificato a  seguito delle Direttive MiFID.

Inoltre, stabilire la sola opzione Floor appare fortemente penalizzante per i mutuatari in quanto non controbilanciata dalla previsione di una opzione c.d. CAP (tetto per la revisione in aumento delle rate di mutuo) a favore degli stessi mutuatari.

Un Floor, predisposto a vantaggio unilaterale della concedente, senza CAP a tutela del cliente, implica una evidente sbilanciamento dell’alea, con la conseguente nullità, qualificandosi il contratto come ad alea unilaterale, con la conseguenza che gli interessi perseguiti non potrebbero essere tutelati ex art. 1322 c.c. per causa illecita.

La conseguenza della nullità comporterebbe che la clausola Floor non potrebbe più gravare il rapporto per quanto attiene agli interessi, con la conseguenza che i mutuatari potrebbero richiedere indietro tutte quelle somme eccedenti rispetto al tasso variabile intervenute per effetto della fissazione di un tasso minimo e della violazione della normativa sulla trasparenza bancaria.

A conferma di quanto sopra indicato, si è espresso il Tribunale di Udine con la sentenza n. 850/2017 del 14 giugno 2017, il quale statuisce che

è elemento essenziale del contratto di leasing che incorpora una clausola floor il requisito di forma-contenuto dell’evidenziazione della “caratteristica evidente di derivato embedded” nonché l’accordo sugli “scenari probabilistici di andamento dei tassi di interesse futuri”.

La ragione è la trasparenza del rischio. Il Tribunale di Udine motiva infatti che

il cliente deve comprendere la funzione specifica di tale clausola (finanziaria, e non legata al contratto base), ed il suo corretto valore; solo così egli saprà quali sono i costi, anche impliciti o differiti, associati alla più ampia operazione di finanziamento”.

La statuizione è rafforzata dall’osservazione secondo cui

“non è sufficiente una sola riga, nascosta nel testo di una più ampia clausola di indicizzazione e senza alcuna illustrazione degli elementi costitutivi, a legittimare una pattuizione del genere”.

Anche perché come sopra detto, la clausola determinerebbe un significativo squilibrio di diritti ed obblighi tra la banca ed il cliente, soprattutto quando non adeguatamente pubblicizzata. In tal caso, sono molte le sentenze che hanno ammonito le banche riconoscendo l’illegittimità delle clausole floor ai sensi dell’art. 1341 c.c.. Questo, infatti, recita al secondo comma che

non hanno effetto se non sono specificamente approvate per iscritto tutte quelle condizioni “che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”.

Orbene, sul versante rimediale, il Tribunale di Udine con la suddetta sentenza, si pone la questione dell’estensione della nullità della clausola floor all’intera disciplina convenzionale dell’indicizzazione, risolvendola, correttamente, nel senso del carattere inscindibile della componente derivativa dal complesso della disciplina convenzionale del tasso variabile, ed invece nel senso del suo carattere non essenziale rispetto all’intero contratto.

In definitiva, la clausola floor può essere considerata manifestamente vessatoria se non contrattualizzata e non adeguatamente pubblicizzata sotto il profilo della trasparenza. Questo comporta che l’applicazione di essa nei mutui a tasso variabile, deve quindi essere chiaramente indicata tanto nel foglio informativo, quanto nel documento di sintesi dove vengono riportate le condizioni economiche del finanziamento e il tasso minimo di ammortamento globale. Le conseguenze di una sua accertata nullità comportano, per l’istituto di credito, anche eventualmente in sede di giudizio, l’obbligo di ricalcolo e la restituzione degli interessi ingiustamente maggiorati e pagati in eccesso dal mutuatario.


ASPETTI LEGALI SULLA FIDEIUSSIONE RILASCIATA A GARANZIA DI CREDITI BANCARI: IN PARTICOLARE LA FIDEIUSSIONE “OMNIBUS”

Ai sensi dell’art. 1936 e ss c.c, è fideiussore colui che, obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui. Essa è efficace anche se il debitore non ne ha conoscenza. La volontà di prestare fideiussione deve essere espressa

La fideiussione, quindi, è un contratto consensuale ad effetti obbligatori, bilaterale, ancorché stipulato solo tra fideiussore e creditore e, non trilaterale come sarebbe naturale pensare, in quanto il debitore garantito vi è estraneo. Con esso si determinano obbligazioni solo a carico del fideiussore che garantisce l’adempimento del credito con tutto il suo patrimonio.

Non è, dunque, necessaria la partecipazione diretta del fideiussore all’accordo con il quale la parte debitrice si obbliga nei confronti del creditore a dare fideiussione, poiché, come il debitore resta estraneo al negozio fideiussorio anche nel caso in cui abbia assunto per contratto l’obbligazione di prestare una fideiussione ai sensi dell’art. 1943 c.c., così anche il fideiussore non deve necessariamente partecipare all’accordo suddetto tra debitore e creditore.

L’obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra loro collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva – data l’estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia – ma anche oggettiva, in quanto la causa fideiussoria è fissa ed uniforme, mentre l’obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la disciplina dell’obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione, per la quale continuano a valere le normali regole, comprese quelle sulla giurisdizione.

Caratteristica principale della fideiussione è la sua accessorietà: essa esiste in quanto esiste il debito garantito. Da tale principio derivano una serie di regole tra le quali, ad esempio, quella per cui la garanzia non può essere data per una somma maggiore rispetto al debito principale o a condizioni più onerose (art. 1941 c.c.).

L’accessorietà viene meno, però, in alcune ipotesi particolari grazie a delle clausole inserite dalle parti nel contratto, che prendono il nome di clausole di garanzia a prima richiesta. Esse, a loro volta, possono essere le c.d. clausole solve et repete, che attribuiscono al creditore il diritto a che non gli siano opposte eccezioni da parte del garante prima del pagamento (v. 1462 c.c.), ovvero possono sostanziarsi nel contratto autonomo di garanzia. In quest’ultimo caso, il pagamento va effettuato su semplice richiesta del creditore ed il garante non può opporre alcuna eccezione, né prima né dopo il pagamento. Infatti, l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cosiddetto “Garantievertrag”), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale.

Ex art. 1938 c.c., come modificato dalla legge 17 febbraio 1992, n. 154, la fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura, con la previsione, in questo ultimo caso, dell’importo massimo garantito. Trattasi della c.d. fideiussione “omnibus”, che è il contratto con cui il fideiussore garantisce tutte le obbligazioni che il debitore assumerà nei confronti del creditore. Nella prassi molto spesso debitore è un imprenditore e creditore è una banca, anche se non si applica solo alle fideiussioni rilasciate a favore di banche o di società finanziarie, posto che né la lettera della norma, né la sua “ratio”, consentono tale limitazione.

In passato la validità della fideiussione omnibus è stata molto discussa, soprattutto perchè aveva un oggetto indeterminato (1346 c.c.), ed in quanto esponeva il fideiussore al rischio di una garanzia molto onerosa, cosa che poteva accadere se la banca concedeva credito al debitore senza limiti. A correzione di tali possibili abusi il legislatore è intervenuto sia imponendo la previsione di un limite massimo al credito garantito sia stabilendo la nullità della clausola che escludeva che la banca dovesse chiedere speciale autorizzazione al fideiussore per aumentare il credito ad un debitore le cui condizioni economiche fossero peggiorate.

Un altro aspetto da prendere in considerazione riguarda il fatto che la banca, per tutelarsi da un eventuale inadempimento del debitore principale, si faccia rilasciare a garanzia del debito, fideiussioni per importi di gran lunga più superiori rispetto a quello finanziato e/o da più persone.

Si tratta di sproporzione genetica!

Nei casi di sproporzione genetica, infatti, la condotta della banca finalizzata ad ottenere, all’atto della sottoscrizione del contratto, il rilascio di garanzie ultronee e non necessarie è destinata a soccombere allo scrutinio di legittimità condotto sulla base dei criteri di correttezza e buona fede cui deve uniformarsi il comportamento delle parti nel corso delle trattative contrattuali in modo tale da impedire la pattuizione di condizioni contrattuali del tutto irragionevoli ed ingiustificate” (Collegio di Roma, decisione n. 2359/2011).

Pertanto, nei casi di rilascio di garanzie, l’orientamento dei Collegi è nel senso di affermare, in virtù del disposto degli artt. 2872 c.c. e 39, co. 5, TUB, l’esistenza di un principio generale di proporzionalità delle garanzie creditorie rispetto all’entità del credito cui accedono.

Inoltre, la banca che concede finanziamenti al debitore principale, pur conoscendone le difficoltà economiche, fidando nella solvibilità del fideiussore, senza informare quest’ultimo dell’aumentato rischio e senza chiederne la preventiva autorizzazione, incorre in violazione degli obblighi generici e specifici di correttezza e di buona fede contrattuale. La mancata richiesta di autorizzazione non può tuttavia configurare una violazione contrattuale liberatoria se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune, o dev’essere presunta tale.

Non solo! È importante stare molto attenti se nel contratto di fideiussione sia stata predisposta la clausola di deroga dell’art. 1957 c.c. che stabilisce testualmente

Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate. La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell’obbligazione principale. In questo caso però l’istanza contro il debitore deve essere proposta entro due mesi. L’istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore”.

La deroga all’art. 1957 c.c., non può ritenersi implicita laddove sia inserita, all’interno del contratto di fideiussione, una clausola di “pagamento a prima richiesta”, o altra equivalente, non solo perché la disposizione è espressione di un’esigenza di protezione del fideiussore che, prescindendo dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale, può essere considerata meritevole di tutela anche quando tale collegamento sia assente, ma anche perché una tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita, sia, infine, a clausole il cui inserimento nel contratto di garanzia è finalizzato, nella comune intenzione dei contraenti, a una deroga parziale della disciplina dettata dal citato art. 1957 c.c..

Con la sentenza n. 3016 del 23.08.2018, il Tribunale di Salerno interviene sulla questione della nullità dei contratti di fideiussione stipulati dalle banche con i clienti in conformità del modello ABI, decisa dalla Corte di Cassazione sez. I°, che, con ordinanza n. 29810 del 12 dicembre 2017, ne ha sancito la nullità per violazione dell’art. 2 L. 287/1990 (norme antitrust).

Il modello ABI di contratto di fideiussione è stato già criticato dalla Banca d’Italia che, con provvedimento del 2 maggio 2005, ha ravvisato la contrarietà di alcuni articoli in esso contenuti all’art. 2, comma 2, lett. a, l. n. 287 del 1990, in quanto integranti gli estremi di un’intesa restrittiva della concorrenza, con conseguenze pregiudizievoli per il garante. In particolare, apparivano suscettibili di arrecare un significativo vantaggio alla banca creditrice, le previsioni contenute nel modello di deroga all’art. 1957 c.c., che diluiva a dismisura i termini per far valere le proprie ragioni nei confronti del garante, e di estensione della garanzia anche agli obblighi di restituzione derivanti dall’invalidità del rapporto principale, chiaramente ulteriori e diversi rispetto agli obblighi garantiti al momento della stipulazione.

Sulla questione si era già pronunciato, prima dell’intervento della Suprema Corte, anche il Tribunale di Venezia che, con sentenza 6.6.2016, aveva accertato la nullità delle clausole contenute in un contratto di fideiussione bancaria riproducente il modello ABI, poi sanzionato dalla Banca d’Italia, rilevando che la grave sanzione della nullità della deroga dell’art. 1957 c.c., era giustificata dalla circostanza di essere il risultato di una intesa restrittiva della concorrenza, che viola il divieto posto dall’art. 2, comma 2, l. 287/90.

Il Tribunale di Salerno con la sentenza n. 3016/2018 conferma le decisioni della Suprema Corte “in punto di riflessi sul negozio “a valle” della nullità dell’intesa “a monte”, ma è importante perché si spinge anche ad escludere l’applicabilità dell’art. 1419 c.c. 2° comma, nella parte che prevede che la nullità di singole clausole contrattuali non comportano la nullità dell’intero contratto se sostituite di diritto da norme imperative, perché la tutela effettiva per il contraente debole sotto il profilo concorrenziale trova il suo fondamento nei principi generali comunitari e costituzionali, e in particolare nell’art. 41 della Costituzione, che contempera la libera iniziativa economica con il limite dell’utilità sociale, nel senso che la prima deve intendersi inscindibilmente connessa ai valori personalistici e solidaristici.

Infine, le clausole di una fideiussione stipulata sul modello ABI 2003 contrarie alla normativa antitrust incidono pesantemente sulla posizione del garante, dal momento che con esse, si assicura la stabilità della garanzia a prescindere dalla carenza dell’obbligazione principale, il risorgere della garanzia in seguito al risorgere del credito e l’integrità dei diritti derivanti alla banca dalla fideiussione fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore” (la tesi della nullità della fideiussione bancaria stipulata sul modello ABI del 2003 per violazione delle norme antitrust è stata seguita già da altri Tribunali, quali il Tribunale di Roma e il Tribunale di Padova). Pertanto, tutti gli atti di fideiussione rilasciate dai fideiussori a garanzia del debito assunto nei confronti della banca, dall’obbligato principale, in quanto prevedono la deroga di cui all’art. 1957 c.c., devono considerarsi nulle.


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