AFFIDAMENTO IN PROVA ALLARGATO E LA SOSPENSIONE DELLA PENA

Affidamento in prova allargato: pena sospesa fino a quattro anni

Corte Costituzionale, sentenza n. 41 del 2 marzo 2018

Il Giudice per le indagini preliminari aveva sollevato questioni di legittimità Costituzionale in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., dell’art. 656, comma 5 c.p.p.

“nella parte in cui non prevede che l’ordine di sospensione della pena debba essere emesso anche nei casi di pena non superiore a quattro anni di detenzione”.

Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione era stato investito della domanda di sospensione di un’ordine di esecuzione della pena detentiva di tre anni, undici mesi e diciassette giorni, che il P.M. aveva emesso ex art. 656, primo comma c.p.p. senza sospenderlo, in quanto la pena da scontare eccedeva il limite di tre anni previsto dal quinto comma dello stesso articolo.

Il condannato aveva richiesto al giudice di dichiarare inefficace l’ordine di esecuzione, sostenendo che esso avrebbe dovuto essere sospeso nonostante la pena da espiare eccedesse il limite triennale, in quanto l’art. 47, comma 3-bis della l. n. 354 del 1975, introdotto dell’art. 3, comma1, lett. c) del d.l. n 146 del 2013, convertito, con modificazioni in l. n. 10 del 2014, consente una particolare forma di affidamento in prova quando la pena detentiva da eseguire non è superiore a 4 anni.

Il nuovo art. 47, comma 3-bis della l. n. 354 del 1975 ha introdotto un’ulteriore ipotesi di affidamento in prova, quello c.d. allargato, che può essere concesso

“al condannato che deve espiare una pena detentiva, anche residua, non superiore a 4 anni di detenzione, quando abbia serbato, quantomeno nell’anno precedente alla presentazione della richiesta, trascorso in espiazione di pena, in esecuzione di una misura cautelare ovvero in libertà, un comportamento tale da consentire un giudizio positivo circa la rieducazione del condannato e la prevenzione del pericolo che commetta altri reati”.

Si deve innanzitutto osservare che non ha alcun pregio quanto sostenuto dall’Avvocatura dello Stato, secondo cui l’affidamento allargato sarebbe precipuamente indirizzato a chi è già detenuto, al fine di ridurre la popolazione carceraria per ottemperare a quanto stabilito dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

Infatti l’art. 47, comma 3-bis, della L. n. 354 del 1975 si rivolge espressamente anche ai condannati che si trovino in libertà, senza alcuna distinzione di rilevanza rispetto ai detenuti.

“Bisogna allora considerare che è espressamente prevista la concessione dell’affidamento allargato al condannato in stato di libertà, ma, se l’ordine di esecuzione di una pena detentiva tra tre anni e un giorno e quattro anni non potesse essere sospeso, si tratterebbe di una previsione in concreto irrealizzabile, per quanto normativamente stabilita e voluta. Infatti l’esecuzione dell’ordine di carcerazione, avvenuta senza aver dato al condannato il tempo di chiedere l’affidamento in prova allargato e comunque senza attendere una decisione al riguardo, renderebbe impossibile la concessione della misura alternativa prima dell’ingresso in carcere”.

Pertanto l’art. 656, comma 5, c.p.p. deve essere dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui si prevede che il P.M. sospende l’esecuzione della pena detentiva, anche se costituisce residuo di maggiore pena, non superiore a 3 anni, anziché a quattro anni.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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