CONFERMATO IL CARCERE PER L’ESPORTAZIONE IN SVIZZERA SENZA APPOSITA LICENZA DEL DIPINTO DI LEONARDO

Punito con il carcere l’export del dipinto di Leonardo

Corte di Cassazione, sent. n. 17116/18

Gli Ermellini, con la sentenza in commento hanno confermato il carcere per l’esportazione in Svizzera senza l’apposita licenza del dipinto a olio “ritratto di Isabella d’Este” attribuito a Leonardo da Vinci.

Ciò è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 17116/18.

La Corte di Cassazione si è trovata alle prese con una vicenda in cui, a fronte del passaggio transalpino, del famoso dipinto la Corte d’Appello di Ancora si era espressa condannando chi aveva progettato e messo in opera il disegno alla pena di un anno e due mesi di reclusione, ritenendoli responsabili del reato ex art. 174 del d.lgs. n. 42/2004.

“Chiunque trasferisce all’ estero cose di interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, bibliografico, documentale o archivistico, nonché quelle indicate all’articolo 11, comma 1, lettere f), g) e h), senza attestato di libera circolazione o licenza di esportazione, è punito con la reclusione da uno a quattro anni o con la multa da euro 258 a euro 5.165.

La pena prevista al comma 1 si applica, altresì, nei confronti di chiunque non fa rientrare nel territorio nazionale, alla scadenza del termine, beni culturali per i quali sia stata autorizzata l’uscita o l’esportazione temporanea.

Il giudice dispone la confisca delle cose, salvo che queste appartengano a persona estranea al reato. La confisca ha luogo in conformità delle norme della legge doganale relative alle cose oggetto di contrabbando.

Se il fatto è commesso da chi esercita attività di vendita al pubblico o di esposizione al fine di commercio di oggetti di interesse culturale, alla sentenza di condanna consegue l’interdizione ai sensi degli art. 30 del codice penale”.

Gli imputati hanno proposto ricorso in Cassazione. Tuttavia, la sentenza ha sottolineato come l’opera si fosse trovata in Italia per essere poi trasportata in Svizzera e non come riteneva la difesa che si fosse trovata nel Paese elvetico e che quindi si sarebbe trattato di una trattativa tra privati all’estero.

A dimostrazione di quanto sostenuto i giudici hanno richiamato la perizia effettuata da un professionista e storico dell’arte residente a Modena. Il tutto pochi giorni prima che l’opera fosse rinvenuta in un caveau di una banca di Lugano.

I soggetti, diverse volte si erano recati presso l’istituto bancario per permettere la visione dell’opera.

L’operazione di export non poteva costituire nemmeno un tentativo di sottrarre la somma incassata dalla vendita al prelievo del Fisco. Questo in quanto il vigente orientamento non prevede alcuna tassazione per la vendita di beni personali a meno di non essere oggetto di attività imprenditoriale.

Ciò in quanto l’art. 67 Tuir che disciplina la tassazione dei redditi diversi non prevede tra questi quelli provenienti da realizzo di plusvalenze per la vendita di opere d’arte.

Pertanto, l’imputazione e la condanna hanno un’origine differente, legata al trasferimento all’estero di un bene avente rilevante interesse storico.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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