L’USO DEI SOCIAL NETWORKS DA PARTE DEGLI AVVOCATI

Avvocati e pubblicità: vediamo le novità del CNF in materia di uso dei social networks

Quali sono le problematiche riguardanti la modernizzazione dell’avvocatura?

La problematica riguardante la pubblicità e la ricerca della clientela, rappresenta un nodo centrale della modernizzazione dell’Avvocatura: la regolamentazione di detta materia ha stabilito quali sono i canoni generali – astratti che le informazioni sull’attività professionale devono rispettare ed ha posto una serie di paletti abbastanza circoscritti entri cui l’informazione pubblicitaria può legittimamente muoversi.

Qualche tempo fa, il sostanziale divieto dell’utilizzo dei social networks a fini pubblicitari appariva alquanto illogico, anacronistico e del tutto privo di sostanziali giustificazioni. Tuttavia, un recente intervento normativo del Consiglio Nazionale Forense ha introdotto una modifica atta ad aprire la libertà dei canali comunicativi; qualunque mezzo è consentito, purché nel rispetto dei doveri di verità e correttezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale ed al rispetto dei principi di dignità e decoro.

In un contesto dove l’Avvocatura è sempre più assediata da cambiamenti epocali, da bizzarri interventi legislativi in ogni settore, sia sostanziale che processuale, da uno svilimento del ruolo nobile del legale, il progressivo svuotamento del concetto di professione liberale e lo spostamento della professione verso assetti imprenditoriali e di concorrenzialità, il problema riguardante la pubblicità e le forme di ricerca della clientela rappresenterà sempre un nodo fondamentale di grande interesse.

La tendenza all’imprenditorializzazione dell’Avvocatura e al suo svilimento è oramai sotto agli occhi di tutti. Dobbiamo capire fino a dove tale processo arriverà ad erodere gli antichi dogmi, prima di tutto la stessa idea che dal legale si arrivi tramite canali differenti da quelli propri degli altri imprenditori commerciali, che da sempre fanno del dolus bonus pubblicitario, una prassi virtuosa.

La modernizzazione dell’Avvocatura segue una strada che stride, e che trova, in divieti e dogmi che resistono al mutare dei tempi e delle connotazioni sostanziali degli argini ancora molto forti.

L’articolo 24, secondo comma, della Direttiva 2006/123/CE dispone che:

“Gli Stati membri provvedono affinché le comunicazioni commerciali che emanano delle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali, in conformità del diritto comunitario, riguardanti, in particolare, l’indipendenza, la dignità e l’integrità della professione nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione. Le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali sono non discriminatorie, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e proporzionate”.

Il Decreto Legislativo n. 59 del 26.03.2010 che ha attuato tale direttiva, all’art. 34 ripete in maniera pedissequa tali indicazioni.

In seguito ad alcune vicissitudini legislative, la regolamentazione della materia è finalmente approdata al disposto degli articoli 17 e 35 che hanno modificato i previgenti articoli 17 e 17-bis, e stabiliscono i canoni generali-astratti che le informazioni sull’attività professionale devono rispettare.

In maniera sintetica stabiliscono tra le altre cose:

  1. Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la finalità della tutela dell’affidamento della collettività, avendo ad oggetto l’informazione sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e sulla struttura dello studio;
  2. L’informazione deve essere coerente a verità e correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto professionale;
  3. Non è permesso rivelare al pubblico l’identità dei propri clienti, a meno che questi non vi consentano espressamente;
  4. Deve essere assicurato il rispetto della dignità e del decoro della professione; inoltre non si devono superare i limiti della pubblicità ingannevole, suggestiva o comparativa.

Era previsto che l’avvocato potesse usare, a fini informativi, solamente siti web con domini propri senza alcun reindirizzamento, direttamente riconducili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del medesimo sito web.

Tale previsione imponeva ai legali di usare solamente domini propri e non di terzi. Pertanto è stato ritenuto che un profilo Facebook, Linkedin o Twitter, si appoggia sempre su di un dominio appartenente ad una società esterna, ossia quella titolare del social network.

L’indirizzo del sito web non dovrebbe indicare altri nomi se non quelli dell’avvocato stesso o del suo studio.

Per l’avvocato è possibile utilizzare un profilo Facebook o simili per scopi personali o familiari, ma non informativi sulla sua attività professionale, anche se in ogni caso l’avvocato non è esentato dall’obbligo di improntare la propria condotta a dignità e decoro.

Il divieto dell’utilizzo dei social networks ai fini pubblicitari appariva illogico, anacronistico e privo di solide giustificazioni alla luce dei principi che governano la pubblicità in rapporto alle esigenze di correttezza deontologica.

Un intervento alquanto recente del CNF, recependo un’esigenza generalizzata di utilizzo libero, pur entro i limiti della correttezza deontologica, ha modificato l’articolo 35, inserendo al primo comma l’inciso “quale che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse” inde il nuovo primo comma dell’art. 35 dispone che:

“L’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i dover di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale”.

È stato eliminato il comma 9 che stabiliva che:

“L’avvocato può utilizzare, a fini informativi, esclusivamente i siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto del sito stesso”.

Inoltre è stato soppresso anche il successivo comma 10 che prevedeva che:

“L’avvocato è responsabile del contenuto e della sicurezza del proprio sito, che non può contenere riferimento commerciali o pubblicitari sia mediante l’indicazione diretta che mediante strumenti di collegamento interni o esterni al sito”.

Questa modifica ha lo scopo di modificare la libertà dei canali comunicativi, eliminando il riferimento alla disciplina dei siti web che la precedente versione vietava nel caso di reindirizzamento o in caso di contenuti di natura commerciale o pubblicitaria.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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