TI OPERANO E SI DIMENTICANO ALL’INETRNO DEL TUO CORPO UNA CLIP METALLICA?

Clips metalliche tardivamente riscontrate e risarcimento del danno

Tribunale ordinario di Monza, sentenza n. 152 del 30 gennaio 2019

Nel caso di specie, l’attore aveva convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera nella quale era stato operato al fine di sentirla condannare per i danni patiti.

Nello specifico l’uomo era stato operato in video laparoscopia di ernia iatale nel 1998 e subito dopo l’intervento aveva iniziato a lamentare dei dolori sempre più ricorrenti al fianco sinistro. Alcuni anni dopo in seguito ad una radiografia era stata rilevata la presenza di un oggetto metallico all’altezza della terza vertebra lombare. Pertanto l’anno seguente era stato operato nuovamente per rimuovere le due clips metalliche nel cavo pelvico sinistro.

Nonostante l’intervento di rimozione l’attore lamentava ancora dei dolori ed in seguito ad accertamenti era emersa la presenza di una graffetta al titanio aperta, situata nella regione pelvica, rimossa con un terzo intervento.

Dopo un primo periodo di benessere l’uomo lamentava costanti dolori, inizialmente ricondotti all’intervento ma tali da compromettere la sua capacità lavorativa, tanto che dovette cessare la propria attività lavorativa di artigiano muratore.

Sostanzialmente le clips metalliche si erano aperte ed erano migrate in una sede differente da quella dell’operazione, provocando al paziente i disturbi lamentati.

Secondo il Tribunale di primo grado l’onere probatorio in capo all’attore, inerente al nesso di causalità fra la sintomatologia lamentata e la presenza delle graffette per circa 8 anni era da lui stato sufficientemente assolto secondo la regola di giudizio “del più probabile che non”.

I giudici ritengono che l’attore non abbia invece assolto all’onere probatorio, su di lui incombente, di dimostrare la sussistenza di un nesso eziologico fra le sue attuali condizioni di salute e la pregressa presenza delle clips, in quanto il dolore potrebbe avere altra origine, i dolori lamentati non sono al fianco sinistro e le sedi da cui provengono non coincidono con la dislocazione delle clips.

Il danno permanente di natura biologica è stato valutato dalla CTU nella misura del 5%.

Per quanto riguarda il danno biologico non patrimoniale, secondo il Tribunale è congruo il riconoscimento della personalizzazione del danno nella massima misura, considerato il fatto che il dolore percepito dall’attore aveva ricevuto diversi tentativi di diagnosi, rendendo il suo percorso “un calvario”.

In parziale difformità a quanto sostenuto dalla CTU, il Tribunale riconosce la sussistenza di un danno da invalidità temporanea per l’intero periodo di permanenza delle clips nel corpo dell’attore.

Se la struttura ospedaliera avesse prontamente riscontrato la presenza delle clips metalliche, l’attore sarebbe pienamente guarito ed avrebbe dimenticato la faccenda, non sviluppando un danno permanente di natura psichica.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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