Telefonate commerciali

Telefonate commerciali no stop: non si può querelare per il reato di molestie

A quanti di noi è capitato di perdere le staffe all’ennesima telefonata da parte dei call center che ci propongono un nuovo contratto per gas e luce, o un appuntamento per provare un nuovo aspirapolvere?

In questi casi è possibile sporgere denucia per molestie?

L’articolo 660 del codice penale dispone che:

“Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a cinquecentosedici euro”.

La finalità perseguita dal colpevole deve essere quella di arrecare fastidio per ragioni futili, pertanto le telefonate pur se fastidiose sono dettate da esigenze di pubblicità, e non possono rientrare nella previsione normativa.

Sull’argomento si segnala una recente sentenza della Corte di Cassazione.

La pronuncia:

I Magistrati della Corte di Cassazione con la sentenza n. 38224/17 del 1-08-2017 hanno ritenuto che in questi casi (ricezione continua di telefonate commerciali) è illogico parlare di molestie in quanto non vi è l’intento di nuocere al destinatario delle telefonate sgradite.

Per eviatre di essere infastiditi da telefonate con scopi comerciali, i sogetti i cui nominativi e numeri siano inseriti in elenco che non desiderno ricevere telefonate pubblicitarie, devono iscrivers al Registro Pubblico delle Opposizioni.

Il Registro è stato istituito con il d.P.R. 178/2010.

In quest’ultimo caso l’utente può sempre segnalare l’accaduto al Garante della Privacy per ottenere il risarcimento del danno.

Nel caso in esame, per quanto riguarda l’aspetto della privacy i giudici sostengono che:

“la circostanza che l’uomo avesse pubblicizzato il numero di telefono è idonea a superare l’opposizione da egli effettuata inoltrando richiesta di registrazione della sua utenza nel registro pubblico delle opposizioni istituito nel 2001 dal Garante per la protezione dei dati personali”.

Dott.ssa Benedetta Cacace