STALKING E CORTEGGIAMENTO SERRATO

Secondo la Corte di Cassazione tre giorni di pressante corteggiamento fanno scattare la fattispecie dello stalking

Apprezzamenti, appostameni e pedinamenti reiterati in un lasso temporale molto ristretto, configurano il delitto di atti persecutori

Il corteggiamento serrato può diventare stalking, e non conta nulla se perpetrato solamente per 3 giorni. Ciò è quanto deciso dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 104/2018, con la quale ha confermato la condanna di un uomo per il reato di cui all’art,. 612-bis del codice penale.

La vicenda giunge in Cassazione a seguito del ricorso presentato dall’imputato, contro la conferma in appello della sentenza di condanna a 6 mesi di reclusione per stalking per avere con condotte reiterate molestato una donna,

“così da cagionarle un perdurante e grave stato di ansia  e di paura, costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita”.

L’uomo ha sostenuto che le azioni poste in essere configuravano

“un corteggiamento non corrisposto, ma sicuramente non tale da determinare nella parte offesa uno stato di ansia ed una modifica delle proprie abitudini di vita”,

dato che non aveva mai posto in essere un comportamento minaccioso o aggressivo e le sue azioni erano circoscritte in 3 giorni

“tempo non sufficiente a scatenare uno stato di ansia grave e perdurante, così come indicato dalla norma incriminatrice”.

Per i giudici di Cassazione tuttavia non è così. La sentenza impugnata, in particolare,

“ritenuta la ricostruzione degli avvenimenti effettuata dalla persona offesa pienamente attendibile, ha posto in evidenza con assoluta chiarezza il crescendo dei comportamenti invasivi della libertà personale e della sfera personale della p.o. da parte dell’imputato, comportamenti via via sempre più ossessivi, tradottisi in appostamenti, pedinamenti, avvicinamenti anche fisici, apprezzamenti ecc”.

Tali condotte hanno determinato nella vittima

“ uno stato di timore e di ansia, costringendola a modificare i propri comportamenti”.

V. anche

la Corte richiama principi già affermati, secondo cui, ai fini della integrazione del reato di atti persecutori non si richiede l’accertamento di uno stato patologico, ma è sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità e dell’equilibrio psicologico della vittima.

Per quanto attiene invece al breve lasso temporale in cui sono state poste in essere le condotte, è stato più volte sottolineato

“come sia configurabile il delitto di atti persecutori anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi, pur concentrata in un brevissimo arco temporale, sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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