L’esito del bilanciamento delle circostanze non muta la natura del reato.

“[…] non si può sostenere che, a seguito di un bilanciamento delle circostanze “a somma zero” […] possa comportare la mutazione del reato contestato da aggravato all’ipotesi semplice […]”

Il tema della competenza per materia nel ramo del diritto penale desta sempre particolare interesse. Oggigiorno, l’attenzione sull’argomento risulta ancor più attuale alla luce dei recenti interventi normativi sull’Ufficio del Giudice di Pace.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 6352/2017, rimarca gli effetti giuridici che derivano da una corretta applicazione dell’art. 69 c.p., dettato in merito al bilanciamento delle circostanze.

L’articolo in oggetto (rubricato: concorso di circostanza aggravanti e attenuanti), così dispone:

> Giudizio di prevalenza in favore delle circostanza aggravanti.

Non si tiene conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti. Si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti.

> Giudizio di prevalenza in favore delle circostanze attenuanti.

Non si tiene conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime. Si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti.

> Giudizio di equivalenza delle circostanze.

Si applica la pena che si sarebbe applicata in caso di assenza di circostanze.

Gli Ermellini precisano che il rapporto fra circostanze attenuanti ed aggravanti inerisce unicamente il calcolo della pena e non modifica in alcun modo la natura della fattispecie di reato.

Ovvero, non si può sostenere che, a seguito di un bilanciamento delle circostanze “a somma zero”, dove le stesse si compensano, possa comportare la mutazione del reato contestato da aggravato all’ipotesi semplice.

Accogliere una diversa ricostruzione giuridica comporterebbe una costante modifica della competenza dell’Autorità chiamata a giudicare: vuoi Giudice di Pace, vuoi Tribunale monocratico/collegiale.

Il principio sopra esposto non pare certo una novità, ma la semplice precisazione di un principio che governa l’applicazione dell’art. 69 c.p.. Il merito della controversia verteva su un reato di diffamazione commesso a mezzo stampa. Si è ritenuto che il grado di pubblicità della diffamazione a mezzo stampa e a mezzo internet sia pressoché identica. Pertanto si è contesta la fattispecie aggravata.

La difesa sosteneva che, a fronte del bilanciamento delle circostanza, si fosse modificata anche la natura del reato contestato. Ovvero, sosteneva l’imputato, che la fattispecie applicabile era unicamente quella semplice.

La Corte di Cassazione in questo modo ha chiarito che, nella fattispecie in esame, non muta il reato contestato ma, unicamente, il calcolo della pena applicabile.

Avv. Jacopo Marchini