L’eccezione di nullità della testimonianza

L’eccezione di nullità della testimonianza deve essere coltivata nel corso del giudizio

Per quanto concerne l’eccezione di nullità che rileva nel caso in cui una persona incapace, perché portatrice di un interesse che avrebbe potuto legittimare il suo intervento in giudizio, la stessa deve essere proposta immediatamente dopo l’espletamento della prova stessa.

A questa conclusione è giunta la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23896/2016, richiamandosi a quanto disposto dall’art. 157, II comma, c.p.c.. La norma precisa la tempistica con cui una parte può sollevare un’eccezione di nullità non rilevabile d’ufficio, ovvero in occasione della prima istanza o difesa successiva all’atto o alla notizia di esso.

L’inciso finale porta a ritenere i Giudici di legittimità che, nel caso in cui il difensore della parte interessata non sia presente all’assunzione del mezzo istruttorio, la nullità potrà essere eccepita nell’udienza successiva.

Alla luce di quanto sin qui esposto, emerge come non si possa ritenere sanata la mancata eccezione non sollevata dalla parte secondo le tempistiche individuate dalla Corte e dal Legislatore, neppure nel caso in cui fosse stata sollevata la preventiva eccezione di incapacità a testimoniare.

Quest’ultima eccezione è proposta ai sensi dell’art. 246 c.p.c.. La norma, infatti, dispone l’impossibilità di assumere come testimoni le persone aventi nella causa un interesse che potrebbe legittimare la loro partecipazione al giudizio.

La parte, nel caso in cui il Giudice decidesse di assumere comunque la testimonianza, dovrà successivamente sollevare la specifica eccezione di cui sopra.

Come comportarsi nel caso l’eccezione venga inizialmente respinta

La sentenza in analisi offre altresì un’ulteriore precisazione, quando afferma che nel caso in cui l’eccezione venga respinta, dovrà essere necessariamente riproposta in sede di precisazione delle conclusioni. Oppure, nei successivi atti di impugnazione altrimenti dovrà intendersi rinunciata.

Alla rinuncia consegue la sanatoria di detta nullità per acquiescenza, rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado.

Del resto, un’analisi comparata con altre sentenze della Corte di legittimità intervenute sulla materia portano a ritenere quella in analisi conforme ai precedenti arresti. Si pensi, ad esempio, a quanto disposto dalla Corte con la sentenza n. 21670 del 2013, dove si è affermato che la norma de qua disciplina un tipo di nullità relativa. A mezzo di una simile qualificazione giuridica dell’istituto, concordano i Giudici nel ritenere necessario che venga l’eccezione venga coltivata nel corso del giudizio.

Avv. Jacopo Marchini