IL TRADIMENTO OMOSESSUALE

SEPARAZIONE E IL TRADIMENTO OMOSESSUALE

Pensiamo ad una amicizia di lunga data tra due soggetti dello stesso sesso, la concomitante celebrazione di un matrimonio per uno dei due, magari con la nascita di uno o più figli, un matrimonio felice da un lato e un’amicizia ‘troppo stretta’ dall’altra che culmina con la scoperta, da parte del coniuge, dell’omosessualità dell’altro.

Immaginiamo poi la destabilizzazione che ne deriva per il coniuge che scopre di aver avuto al proprio fianco una persona dalla sessualità difforme da quella conclamata e che alla domanda ‘ sei omosessuale?’ si sente rispodere ‘si, ho una relazione parallela da diversi anni’.

Ci chiediamo, può per questo motivo chiedere l’addebito della separazione?

L’adulterio, in sé e per sé considerato, sicuramente rappresenta una violazione di uno dei doveri reciproci dei coniugi che derivano dal matrimonio di cui all’art. 143 del c.c. e, a determinate condizioni, può portare ad una pronuncia di addebito della separazione con tutte le conseguenze che ne derivano in termini morali ma soprattutto materiali.

Anche la Corte di Cassazione (Sentenza n. 25618/07 per citarne una in tal senso)  ha più volte affermato che:

l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi, di regola, circostanza sufficiente a giustifica l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, tale che risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto’.

Pertanto, termine di valutazione da parte del giudice in sede di domanda di addebito della separazione, sarà la sussistenza del nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale e in caso di sussistenza dello stesso pronuncerà l’addebito al coniuge che ha tradito, altrimenti no (questo ad esempio perché il tradimento è subentrato quando la crisi coniugale era già sussistente).

Ma il tradimento omosessuale può costituire un elemento aggiuntivo da porre all’attenzione del giudice ai fini dell’addebito?

O meglio, si può incolpare un soggetto per aver contratto un matrimonio e per aver scoperto la sua omosessualità successivamente all’instaurazione della famiglia?

LE NORME

La Carta Costituzionale prevede all’art. 3 il principio di uguaglianza e non discriminazione secondo il quale:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali’.

Al fine di valutare se una legge sia o meno in contrasto con tale principio è necessario valutare se, senza un ragionevole motivo, venga fatto un trattamento diverso ai cittadini che si trovano in eguali situazioni.

Pertanto il tradimento, tanto eterosessuale che omosessuale, dovrà necessariamente essere considerato allo stesso modo e sarà motivo di addebito, in costanza di separazione, solamente se la crisi coniugale è causalmente collegata a detto tradimento e non ad una crisi già in atto.

LA SENTENZA

Secondo la pronuncia della Corte di Cassazione n. 8713 del 29.04.2015

‘ già con la riforma del diritto di famiglia del 75’ la separazione dei coniugi è stata svincolata dal presupposto della colpa di uno di essi e consentita, invece, tutte le volte che si verificano, anche indipendentemente dalla volontà di uno dei coniugi, fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza.’,(…)‘ciò significa che il giudice, per pronunciare la separazione, deve verificare, in base ai fatti obiettivi emersi, ivi compreso il comportamento processuale delle parti, con particolare riferimento alle risultanze del tentativo di conciliazione ed a prescindere da qualsivoglia elemento di addebitabilità, l’esistenza, anche in un solo coniuge, di una condizione di disaffezione al matrimonio tale da rendere incompatibile, allo stato, pur a prescindere da elementi di addebitabilità da parte dell’altro, la convivenza. Ove tale situazione d’intollerabilità si verifichi, anche rispetto ad un solo coniuge, deve ritenersi che questi abbia diritto di chiedere la separazione: con la conseguenza che la relativa domanda, costituendo esercizio di un suo diritto, non può costituire ragione di addebito’.

Avv. Elisa Bustreo