Guida il procedimento sommario di cognizione

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Disciplina del procedimento sommario di cognizione

Il procedimento sommario di cognizione, introdotto con la L. n. 69/2009, quale vero e proprio rito alternativo al processo a cognizione ordinaria, è ispirato all’esigenza di rendere più veloce la definizione delle controversie.

La disciplina di tale istituto, contenuto negli articoli 702-bis, 702-ter e 702-quater c.p.c., è stata oggetto della novella legislativa ad opera del d.lgs. n. 150/2011 che ha introdotto l’obbligatorietà del procedimento sommario per alcune fattispecie, nonché del d.l. n. 132/2014 che ha previsto al conversione d’ufficio dal rito ordinario a quello sommario.

Secondo giurisprudenza costante, il procedimento sommario di cognizione è un rito speciale o semplificato di cognizione piena, alternativo a quello ordinario.

Il procedimento infatti prevede che la conoscenza dei fatti, ai fini della decisione venga acquisita tramite un’istruttoria particolarmente semplificata, atta ad assicurare una accelerazione dei tempi del giudizio.

È un procedimento sommario a carattere generale, che si adatta ad ogni forma di tutela giurisdizionale e a tutte le domande, il cui ambito applicativo, è limitato alle caute attribuite alla cognizione del tribunale in composizione monocratica.

Per tale motivo, sono escluse dal campo di applicazione di tale rito:

– le cause assoggettate alla competenza del tribunale collegiale

– le cause di competenza del Giudice di pace

– le cause attribuite in unico grado alla corte d’appello

– le cause attribuite in grado di appello al tribunale in composizione monocratica

La fase introduttiva:

La scelta fra l’instaurazione del procedimento ordinario o sommario spetta all’attore, il quale può domandare l’applicazione del nuovo rito depositando il ricorso ex art. 702-bis c.p.c. in luogo dell’ordinario atto di citazione, dinnanzi al tribunale monocratico di competenza.

Il contenuto del ricorso di parte attrice è individuato nel primo comma dell’art. 702 bis, il quale stabilisce che lo stesso deve contenere:

– l’indicazione del tribunale adito;

– l’indicazione delle parti e del procuratore del ricorrente;

– la determinazione della cosa oggetto della domanda;

– l’esposizione dei fatti e degli elemento di diritto costituenti le ragioni della domanda con le conclusioni;

– l’indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti;

– il nome ed il cognome del procuratore

Il ricorso deve anche contenere l’invito al convenuto a costituirsi nel termine che verrà dal giudice indicato e che comunque non può essere inferiore a 10 giorni prima dell’udienza fissata davanti al magistrato designato.

Dopo aver depositato il ricorso, sarà il cancelliere a formare il fascicolo d’ufficio e a presentarlo al presidente del tribunale, il quale designerà il magistrato per la trattazione del procedimento.

Il giudice dovrà procedere alla fissazione, con decreto, della data dell’udienza di comparizione delle parti, assegnando al convenuto, il termine per la costituzione che dovrà avvenire, in base al terzo comma dell’articolo 702-bis non oltre 10 giorni prima dell’udienza.

Appena il giudice ha emesso il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione delle parti, deve notificarlo al convenuto almeno 30 giorni prima della data fissata per la sua costituzione.

Una volta ricevuta la notifica del ricorso e del decreto, il convenuto ha l’onere di costituirsi entro il termine fissato dal giudice e comunque non oltre 10 giorni prima dell’udienza di comparizione delle parti presentando in cancelleria una comparsa di risposta nella quale, ex art. 702 bis, quarto comma, c.p.c. dovrà “proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni”.

Inoltre, a pena di decadenza nella medesima comparsa di risposta il convenuto dovrà proporre le eventuali domande riconvenzionali, sollevare le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, dichiarare di aver intenzione di chiamare terzi in garanzia, domandando al giudice il differimento dell’udienza.

L’udienza di comparizione:

All’udienza fissata per la comparizione delle parti, il giudice dopo aver accertato la regolare instaurazione del contraddittorio, dovrà procedere alle verifiche di rito.

Nel caso in cui ravvisi la propria incompetenza deve dichiararlo con ordinanza.

Superato positivamente il vaglio sulla competenza, il giudice deve verificare se la causa rientri tra quelle indicate nell’articolo 702-bis c.p.c., altrimenti deve dichiarare la domanda inammissibile.

Superato anche il vaglio di ammissibilità, il giudice deve controllare se il processo può essere definito nelle forme del rito sommario.

Infatti, ex art. 702-ter c.p.c., nel caso in cui il giudice ritenga che la questione oggetto della domanda necessiti di una istruzione non sommaria, ma di una accurata istruzione probatoria, fissa l’udienza ex art. 183 c.p.c.

L’ordinanza conclusiva:

L’articolo 702-ter c.p.c. dispone che il provvedimento conclusivo del giudice sia costituito da un’ordinanza dotata delle seguenti caratteristiche: è provvisoriamente esecutiva, costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione.

Pertanto, l’ordinanza che definisce il processo sommario è un provvedimento idoneo a costituire titolo esecutivo e a produrre gli effetti del giudicato ex art. 2909 c.c.

L’ordinanza emessa dal giudice nel rito sommario è appellabile, come previsto dall’articolo 702 quater c.p.c., entro 30 giorni dalla sua comunicazione o notificazione.