È IL PAZIENTE DANNEGGIATO A DOVER PROVARE IL NESSO DI CAUSA TRA CONDOTTA E DANNO

Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere dell’attore, paziente danneggiato, dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui chiede il risarcimento

La Corte di Cassazione, sez. III Civile, con l’ordinanza 20novembre 2018, n. 29853 torna pronunciarsi in tema di responsabilità medica e rammenta quanto già affermato dagli Ermellini con le pronunce n. 18392/2017, n. 26824/2017 e n. 26825/2017

 “sia nei giudizi di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale, sia in quelli di risarcimento del danno da fatto illecito, la condotta colposa del responsabile ed il nesso di causa tra questa ed il danno costituiscono l’oggetto di due accertamenti concettualmente distinti; la sussistenza della prima non dimostra, di per sé, anche la sussistenza del secondo, e viceversa; l’art. 1218 c.c. solleva il creditore della obbligazione che si afferma non adempiuta dall’onere di provare la colpa del debitore inadempiente, ma non dall’onere di provare il nesso di causa tra la condotta del debitore ed il danno di cui domanda il risarcimento; nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere dell’attore, paziente danneggiato, dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui chiede il risarcimento; tale onere va assolto dimostrando, con qualsiasi mezzo di prova, che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, la causa del danno; se, al termine dell’istruttoria, non risulti provato il nesso tra condotta ed evento, per essere la causa del danno lamentato dal paziente rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata”

I fatti di causa

Un paziente conveniva in giudizio un Centro Cardiologico in quanto riteneva di essere stato sottoposto a trattamenti sanitari inadeguati che gli erano stati praticati presso la suddetta struttura sanitaria, in occasione di un intervento chirurgico, chiedeva quindi di essere risarcito dei danni subiti.

La domanda, rigettata in primo grado, veniva  accolta in Appello condannando l’istituto convenuto al pagamento dell’importo di Euro 884.604,96, oltre accessori, in favore dell’attore.

Si giunge quindi in Cassazione su iniziativa dell’Istituto.

La decisione della Corte

Gli Ermellini, cassano la sentenza e notano che contrariamente a quanto affermato dalla giurisprudenza consolidata il percorso argomentativo della corte di appello risulta fondato sulla premessa per cui,

“in materia di prestazioni sanitarie, sarebbe “a carico della struttura la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che l’esito negativo sia stato determinato da un evento imprevisto e imprevedibile” .

È una premessa erronea che porta alla seguente conclusione: il Centro Cardiologico non avrebbe assolto “l’onere di dimostrare né l’esatta esecuzione della prestazione (tale per cui nessun rimprovero di scarsa diligenza o di imperizia possa esserle mosso), né l’assenza di incidenza causale dell’inadempimento della prestazione sanitaria, siccome contestato, sulla produzione dei danni“.
In questo modo però si sovrappongono i profili della colpa e del nesso causale:

“viene cioè addossata di fatto alla struttura sanitaria la responsabilità dell’evento dannoso senza accertare in concreto se l’attore abbia adempiuto all’onere di dimostrare che effettivamente sussisteva un nesso di causa tra la condotta colposa dei sanitari ed il predetto evento.”

Avv. Tania Busetto


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER