COMPUTER SEQUESTRATO E POI RESTITUITO

È possibile il ricorso in caso di computer sequestrato e poi restituito?

La Corte di Cassazione penale, SS.UU., con la sentenza n. 40963 del 7 settembre 2017 fa chiarezza su tale questione.

La Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 40963 del 7 settembre 2017 ha affermato che:

“È ammissibile il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del tribunale del riesame di conferma del sequestro probatorio di un computer o di un supporto informatico, nel caso in cui risulti la restituzione previa estrazione di copia dei dati ivi contenuti, sempre che sia dedotto l’interesse, concreto ed attuale, alla esclusiva disponibilità dei dati”.

La vicenda:

La questione rimessa alla Corte di Cassazione, ha per oggetto una ordinanza del Tribunale di Riesame, che ha confermato il decreto del Pubblico Ministero, il quale aveva convalidato il sequestro posto in essere dalla polizia giudiziaria, dopo una perquisizione personale e locale eseguita nei confronti di un soggetto indagato, ed avente ad oggetto il suo PC, restituitogli in un secondo momento previa estrazione dei dati memorizzati.

Contro detta pronuncia, il soggetto indagato era ricorso in cassazione, in quanto sosteneva che la restituzione del personal computer, previa estrazione di copia dei dati, prima della richiesta del riesame, non avrebbe eliminato il suo interesse alla verifica della legittimità del provvedimento, in quanto si sarebbe verificato un indiscriminato aumento del mezzo di ricerca della prova.

L’Italia, ha ratificato la Convenzione di Budapest, con la l. n. 48/2008, che introduce la disciplina dei reati informatici. La legge in esame ha fornito una definizione precisa di sistema informatico:

“Qualsiasi apparecchiatura o gruppo di apparecchiature interconnesse e collegate, una o più delle quali, in base ad un programma, compiono l’elaborazione automatica di dati”.

Con la sentenza in esame, il Giudice di legittimità ha statuito che si deve distinguere tra contenitore e contenuto del sistema informatico, dovendosi valutare l0oggetto di un eventuale provvedimento di sequestro, il quale può riguardare, l’intero sistema o il singolo dato.

Andando a riprendere la definizione di documento informatico contenuta nel codice dell’amministrazione digitale, i giudici della Corte hanno disposto che il sequestro può avere ad oggetto anche il singolo dato informatico e non necessariamente l’intero sistema informatico su cui è collocato.

Il giudice di legittimità ha statuito per i dati ed i sistemi informatici, tre differenti ipotesi, rispetto alle quali il sequestro probatorio, può colpire:

  1. Il singolo apparato;
  2. Il dato informatico in sé;
  3. Il medesimo dato considerato quale recipiente di informazioni.

Nel primo caso, l’interesse alla restituzione, deve essere inteso con riferimento all’intero apparato in quanto tale, essendo lo specifico oggetto del sequestro.

Nel secondo caso, il materiale appreso concerne il dato come cristallizzato nella copia identica all’originale e di conseguenza da esso distinguibile. La restituzione riguarda il dato in sé e non anche il supporto che inizialmente lo conteneva. Per tale motivo, la restituzione del supporto non può essere considerata esaustiva della cosa in sequestro.

L’ultimo caso di verifica quando un atto o un documento di presenti sotto forma di dato informativo, non rilevando il dato in sé ma quanto in esso è rappresentato.

Alla luce di ciò, la Corte di Cassazione ritiene che non trovi applicazione, per le prime due ipotesi, l’articolo 258 del c.p.p., mentre questa norma andrebbe considerata quando il dato informatico può essere ricondotto entro la nozione di atto o documento. In tal caso, la restituzione non deve considerarsi risolutiva, in quanto la sola reintegrazione nella disponibilità della cosa non elimina il pregiudizio.

Dott.ssa Benedetta Cacace