ANIMALI IN CATENE

È reato tenere animali in catene

Il reato ex art. 727, secondo comma del codice penale è integrato per il responsabile del circo che tiene elefanti incatenati in condizioni incompatibili con le loro caratteristiche etologiche

Il Tribunale di Alessandria aveva condannato il gestore di un circo ex art. 727, secondo comma c.p., per aver detenuto diversi elefanti legati con una catena, andando contro le loro caratteristiche etologiche, in una situazione incompatibile con la loro natura e produttiva di gravi sofferenze.

L’art. 727 c.p. dispone quanto segue:

“Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.

Leggendo il secondo comma dell’articolo sopra richiamato si evince che la condotta punita è quella di detenzione di animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.

La disposizione in esame, per la sua formulazione, non si riferisce a quelle situazioni contingenti che provochino un temporaneo disagio all’animale, ma è necessario che sussista sia il requisito delle condizioni di detenzione dell’animale sia la produzione di gravi sofferenze, come affermato anche dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8676 del 2014.

Nel caso di specie, il Tribunale aveva evidenziato che lo stato in cui erano tenuti gli animali non era transitorio né tantomeno dettato da esigenze di pulizia e cura in quanto gli elefanti erano legati con catene molto corte che impedivano i movimenti.

Gli Ermellini ricordano che:

“La detenzione degli elefanti in catene, al di fuori dei momenti in cui il contenimento è strettamente necessario per esigenze di cura o pulizia, appare assolutamente incompatibile con la natura degli animali, perché realizza una compressione intollerabile della possibilità che l’elefante ha di muoversi, sia pure nello spazio limitato del recinto”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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