TENTATO OMICIDIO: ATTENUANTE PROVOCAZIONE PER ACCUMULO

L’ATTENUANTE DELLA C.D. PROVOCAZIONE PER ACCUMULO, SI CONFIGURA LADDOVE SUSSISTA UN FATTORE, PER LO PIÙ DERIVANTE DALLA VITTIMA, CHE SCATENA E GIUSTIFICA L’ESPLOSIONE DELL’AGENTE

Per la recente pronuncia della I sezione penale della Corte di Cassazione del 16 febbraio 2023 (dep. 8 maggio 2023), n. 19150 l’attenuante della c.d. provocazione per accumulo, si configura laddove sussista un fattore, per lo più derivante dalla vittima, che scatena e giustifica l’esplosione dell’agente.

Nella vicenda sottesa alla pronuncia in esame, la Corte d’Appello confermava la condanna per tentato omicidio di un uomo che, in forte conflittualità con la sorella ed il suo fidanzato, aveva esploso colpi d’arma da fuoco dalla finestra di casa all’indirizzo di quest’ultimi.

Tra i tre ormai da tempo vi era una grave acredine e i litigi e le discussioni erano all’ordine del giorno nonchè continui.

Nella propria difesa, l’uomo invocava la diminuente della provocazione per accumulo, appunto rappresentando che l’elemento soggettivo del reato era attenuato e mitigato da una carica di dolore e sofferenza sedimentata nel tempo.

La medesima posizione veniva confermata dall’uomo anche in Cassazione, ove il suo ricorso trovava accoglimento.

Gli ermellini confermavano che perché si configuri l’attenuante della provocazione occorrono:

  • lo “stato d’ira”, costituito da un’alterazione emotiva che può anche protrarsi nel tempo e non essere in rapporto di immediatezza con il “fatto ingiusto altrui”;
  • il “fatto ingiusto altrui”, che deve essere connotato dal carattere della ingiustizia obiettiva, intesa come effettiva contrarietà a regole giuridiche, morali e sociali, reputate tali nell’ambito di una determinata collettività in un dato momento storico e non con riferimento alle convinzioni dell’imputato e alla sua sensibilità personale;
  • un rapporto di causalità psicologica e non di mera occasionalità tra l’offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse, sempre che sia riscontrabile una qualche adeguatezza tra l’una e l’altra condotta» (Cass. pen. sez. I, n. 21409/2019).

Ed ancora, ribadiva che

non si richiede la proporzione tra fatto ingiusto della vittima e reazione del reo, bensì, in conformità al dato testuale, di un rapporto di causalità psicologica, in altre parole che il fatto ingiusto sia stato causa dello stato d’ira e della conseguente reazione. A fronte della molteplicità delle spinte emotive all’azione, molteplicità che spesso è presente nell’animo di chi reagisce alla condotta altrui, si rende necessario assumere un criterio per distinguere i casi in cui il fatto ingiusto altrui sia solo occasione o pretesto per l’azione violenta dai casi in cui il fatto ingiusto altrui sia stato effettivamente la causa dello stato d’ira e della reazione violenta”.

Più in particolare, la provocazione per accumulo si realizza in presenza di un

fattore scatenante che giustifichi l’esplosione, in relazione ed in occasione di un ultimo episodio, pur apparentemente minore, della carica di dolore o sofferenza che si affermi sedimentata nel tempo” (cfr. conf. Cass. pen. sez. I n. 4695/2011)

fermo restando la sussistenza del nesso di causalità psicologica tra fatto ingiusto della vittima e la reazione.

Sembrava quindi che nel caso di specie i giudici di merito, non motivando sul punto, avessero trascurato i suddetti principi.

Di  conseguenza il ricorso dell’uomo veniva accolto e la sentenza impugnata veniva  cassata con rinvio alla Corte d’Appello in diversa composizione, per la decisione nel merito.

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Cass. pen., sez. I, ud. 16 febbraio 2023 (dep. 8 maggio 2023), n. 19150