SULL’INCIDENTE MORTALE DEL CICLISTA

L’ANDAMENTO INCERTO E NON RETTILINEO DEL CICLISTA NON DIMINUISCE LA RESPONSABILITÀ DELL’AUTOMOBILISTA NELL’INCIDENTE MORTALE

 

Ogni anno sono frequenti e numerosi gli incidenti stradali che coinvolgono i ciclisti.

Tutti gli utenti della strada, compresi i velocipedi, sono tenuti al rispetto delle norme contenute nel Codice stradale.

Per l’art. 50 del Codice della Strada, i “velocipedi” sono i “veicoli con due o più ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di pedali o analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sullo stesso veicolo” .

E’ l’art. 182 del Codice stradale ad occuparsi delle regole che i ciclisti devono seguire. La norma specifica che i ciclisti devono procedere su unica fila, laddove le condizioni della circolazione lo richiedono ed occorre mantenere sempre il controllo del manubrio, per riuscire a compiere con prontezza le manovre necessarie.

I ciclisti non possono farsi trainare da veicoli o trainarli e condurre animali né passeggeri, a meno che il veicolo non sia a ciò appositamente attrezzato. I ciclisti devono condurre la bici a mano laddove, per le condizioni della circolazione, si può essere d’intralcio o di pericolo ai pedoni.

Ancora, come noto, i velocipedi devono transitare sulle piste ciclabili loro riservate, quando vi sono e, in caso di marcia su strada, devono rallentare ed osservare bene la presenza di altri utenti anche osservando la segnaletica stradale.

In caso di sinistro tra un’automobile ed il velocipede, per affermare la sussistenza ed il grado di responsabilità dell’automobilista, occorre valutare che il velocipede abbia osservato tutte le norme di prudenza ed abbia rispettato quelle del Codice della Strada.

In proposito risulta interessante la pronuncia del 18 ottobre 2022 (dep. 24 ottobre 2022) della IV Sezione penale della Corte di Cassazione n. 40072 con cui veniva precisato che

Il fatto che l’andatura di un ciclista non sia rettilinea non si pone in alcun modo come fattore eccezionale e imprevedibile, interruttivo del nesso eziologico, stante il fatto che l’andatura dei velocipedi é necessariamente caratterizzata da un moto oscillatorio.

In particolare, nella fattispecie sottesa alla pronuncia in argomento, accadeva che l’imputato, venisse condannato in primo grado, dal Giudice dell’udienza preliminare, all’esito di giudizio abbreviato per il reato di omicidio colposo stradale aggravato e che, in secondo grado, la Magistratura, avesse parzialmente riformato, nel solo trattamento sanzionatorio, la pronuncia di primo grado, confermandola nel resto.

In sostanza accadeva che un automobilista stava percorrendo una via percorsa anche, nello stesso senso di marcia, da un ciclista in mountain bike, quando, l’automobilista, che per altro aveva un tasso alcolemico superiore alla soglia, tamponava il velocipede, né osservando i limiti di velocità imposti, né la distanza di sicurezza dal mezzo che lo precedeva.

La Magistratura, nella ricostruzione dei fatti, aveva escluso che il ciclista stesse per eseguire una manovra di svolta a sinistra al momento dell’impatto, come invece asseriva la difesa e che avesse violato l’obbligo di indossare il casco, per altro non obbligatorio e il giubbotto o le bretelle retroriflettenti, non ancora obbligatori a quell’ora.

Incassata la condanna anche in secondo grado dunque, l’automobilista decideva di rivolgersi alla Suprema Corte dogliandosi della sola violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’affermata responsabilità del medesimo.

Per la precisione, l’automobilista, esponeva che nella pronuncia, non veniva considerato che il sinistro si era verificato mentre il ciclista stava eseguendo una manovra di improvvisa svolta a sinistra e che la mossa era stata tanto fulminea, da impedire all’automobilista di arrestare il proprio mezzo ed evitare l’impatto.

Inoltre, secondo il ricorrente, il Giudice di merito non considerava che la detta circostanza non veniva esclusa nemmeno dal perito incaricato dal Tribunale per ricostruire i fatti di causa e dunque non aveva tenuto in debito conto il fatto che vi fosse un ragionevole dubbio sull’esatta dinamica dell’incidente e sulla responsabilità dell’imputato.

Nel giudicare il ricorso inammissibile, perché manifestamente infondato e proposto con motivi non valutabili dalla Suprema Corte, oltre che reiterativo delle medesime doglianze in fatto già proposte alla Magistratura in secondo grado, la Cassazione, specificava quanto segue.

Gli Ermellini esponevano che, nei primi gradi di giudizio, era già stato ampiamente analizzata l’eccezione di una presunta improvvisa svolta a sinistra del ciclista, analizzando la puntuale ricostruzione del perito, che ha condotto i giudici di merito, a ravvisare un’ipotesi di tamponamento privo di angolazione.

Per la Suprema Corte,

quand’anche si fosse ritenuto che l’andatura del velocipede non era rettilinea, tale eventualità (come correttamente osservato dalla Corte di merito) non si porrebbe in alcun modo come fattore eccezionale e imprevedibile, interruttivo del nesso eziologico, stante il fatto che l’andatura dei velocipedi è necessariamente caratterizzata da un moto oscillatorio (per un esempio recente di tale assunto in tema di sorpasso di velocipede vds. Sez. 4, Sentenza n. 18738 del 11/11/2021, dep. 2022, Menga, Rv. 283211). Ne deriva che a maggior motivo era obbligo del B. mantenere, nell’occorso, le distanze e procedere a una velocità adeguata, con conseguente rilevanza eziologica della violazione degli artt. 140,141 e 149 C.d.S., sul verificarsi dell’incidente.”

Così, in conclusione, i Giudici di Piazza Cavour, dichiaravano inammissibile il ricorso e condannavano il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di giudizio.

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Cassazione penale sez. IV, 18.10.2022, (ud. 18.10.2022, dep. 24.10.2022), n.40072