SULL’ARRESTO FACOLTATIVO IN FLAGRANZA DI REATO

Alcune precisazioni sull’arresto facoltativo in flagranza di reato

Corte di Cassazione, quinta sezione penale, sentenza n. 09737 del 2019

Nel caso di specie il G.I.P. non aveva convalidato, all’esito dell’interrogatorio di garanzia, l’arresto in flagranza dell’indagato operato dai Carabinieri, poi liberato dal P.M.

Nello specifico la vicenda origina da una diatriba in ambito familiare, in quanto l’indagato aveva chiuso l’ex coniuge convivente sul terrazzo della loro abitazione, mentre questa era intenta a prendersi cura delle piante, abbassando la persiana e chiudendo la finestra, così impedendole di rientrare nell’abitazione. Dopo circa mezz’ora la donna aveva accusato un malore e l’uomo aveva chiamato i Carabinieri, che erano intervenuti assieme al personale medico per soccorrere la donna e portarla al pronto soccorso.

L’indagato era tratto in arresto nella flagranza del reato di violenza privata, ancora in atto al momento delle forse dell’ordine ed era proseguita anche dopo il loro intervento in quanto l’uomo aveva continuato ad ingiuriare l’ex convivente anche in loro presenza.

Il Giudice delle indagini preliminari aveva posto a conferma della propria decisione il convincimento che si era trattato di un dissidio familiare senza concreti rischi per la persona offesa, e che trattandosi di arresto facoltativo, non era giustificato né dalla gravità del fatto, proprio perché era stato l’indagato a chiamare le forze dell’ordine, né dalla personalità dell’uomo che era anziano ed incensurato.

Il Procuratore della Repubblica impugnate aveva evidenziato, a sostegno del ricorso, che la coazione in danno della persona offesa si era protratta per oltre mezz’ora, tanto da causarle un malore che richiedesse il ricovero in ospedale; inoltre quanto all’indagato questi risultava essere gravato da diversi precedenti emergenti solamente dalla banca dati delle forze di polizia.

Secondo costante orientamento giurisprudenziale in tema di arresto facoltativo in flagranza:

“al giudice della convalida spetta il controllo, oltre che dei presupposti formali dell’arresto, anche delle condizioni di legittimità, ex art. 381 c.p.p.; controllo da intendersi limitato a una verifica di mera ragionevolezza, ponendosi nella medesima situazioni di chi ha operato l’arresto, onde verificare, con riferimento agli elementi conosciuti in quel momento, se la valutazione di procedere all’adozione della misura precautelare resti nella discrezionalità della polizia giudiziaria e trovi, quindi, ragionevole motivo nella gravità del fatto ovvero nella pericolosità del soggetto, e senza estendere il controllo alla verifica della sussistenza né della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari né dei presupposti per la affermazione di responsabilità del prevenuto, che per la complessità dei canoni di riferimento, deve ritenersi riservato al giudice della cognizione, né sostituendo a un giudizio ragionevolmente fondato una propria differente valutazione”.

Gli Ermellini, intervenuti sul punto hanno disposto che il ricorso presentato dal Pubblico Ministero merita accoglimento per l’erroneità dei criteri di accertamento della legittimità dell’arresto in flagranza utilizzati dal G.I.P. che, anziché limitarsi alla verifica dell’operato della polizia giudiziaria ha sovrapposto una propria valutazione al giudizio operato dalla polizia giudiziaria in presenza di un’azione coattiva ancora in corso al momento dell’intervento ed in ogni caso connotata di oggettiva gravità in quanto posta in essere nei confronti dell’ex coniuge convivente ed anziana, tanto da provocarle un malore.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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