SULLA RETRIBUZIONE NON ADEGUATA ACCETTATA SOTTO MINACCIA

Delitto di estorsione per il datore di lavoro che con la minaccia fa accettare ai suoi dipendenti un trattamento retributivo non adeguato

Corte di Cassazione, seconda sezione penale, sentenza n. 25979 del 2018

La Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con la sentenza in commento ha sostenuto che:

“Integra il delitto di estorsione la condotta del datore di lavoro che, approfittando della situazione del mercato del lavoro a lui favorevole per la prevalenza dell’offerta sulla domanda, costringe i lavoratori, con la minaccia larvata di licenziamento, ad accettare la corresponsione di trattamenti retributivi deteriori e non adeguati alle prestazioni effettuate, in particolare costringendo a sottoscrivere buste paga attestanti il pagamento di somme maggiori rispetto a quelle effettivamente versate”.

Nel caso al vaglio degli Ermellini, il datore di lavoro di un’azienda con la minaccia del licenziamento o del trasferimento faceva accettare ai suoi dipendenti condizioni retributive non corrispondenti al lavoro da essi svolto. Nello specifico venivano retribuiti in maniera minore rispetto a quanto riportato in busta paga al fine di usare la differenza per pagare in nero altri dipendenti.

L’art. 648 ter 1 c.p., al primo comma dispone che:

“Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.

Affinché il delitto in questione si concretizzi è quindi necessario che la condotta sia dotata di una particolare capacità dissimulatoria; cioè che sia in grado di provare che l’autore materiale del delitto abbia effettivamente voluto attuare un impiego finalizzato ad occultare l’origine illecita del denaro, quindi rilevano tutte quelle condotte di sostituzione che avvengono tramite la reimmissione nel circuito economico-finanziario ovvero imprenditoriale del denaro, finalizzate a conseguire un effetto dissimulatorio.

Quindi, nel caso in esame, il rastrellamento di liquidità tramite condotte estortive, per pagare provvigioni o altri benefit aziendali in nero in favore di altri dipendenti integra una condotta di reimmissione dei fondi illeciti nei circuito aziendale.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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