SULLA LIQUIDAZIONE DEL DANNO

La liquidazione del danno in violazione delle tabelle sopravvenute, è legittima?

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, sentenza n. 4499 del 2019

Nel caso in questione, la Corte d’Appello aveva rigettato il gravame interposto dai ricorrenti, avverso le decisioni del Tribunale di primo grado, che aveva parzialmente accolto le doglianze attoree, condannando i convenuti al risarcimento dei danni, iure proprio e iure hereditatis, patiti dagli attori a causa del decesso del nonno, in seguito ad un sinistro stradale causato da uno dei convenuti.

Il Tribunale, nella liquidazione del danno iure proprio era ricorso alle Tabelle del Triveneto, con liquidazione non lontana da quelle delle Tabelle milanesi vigenti all’epoca del fatto. Inoltre i nipoti non avevano provato la reale sussistenza di un rapporto costante nel tempo con il loro congiunto o altri elementi idonei a dimostrare l’incidenza della perdita subita.

Nel ricorrere in Cassazione viene denunciata la nullità della sentenza impugnata per aver la Corte territoriale errato nel liquidare il danno parentale iure proprio in quanto tale qualificazione sarebbe stata effettuato con l’utilizzo di un criterio meramente equitativo, e non in base a criteri oggettivi rappresentati dalle Tabelle Milanesi , vigenti all’epoca della decisione assunta dal giudice di secondo grado.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato fondato il ricorso, ritenendo che

“sebbene non comporti violazione dei parametri di valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., la liquidazione del danno non patrimoniale operata con riferimento a tabelle diverse da quelle elaborate dal Tribunale di Milano, qualora al danneggiato sia riconosciuto un importo corrispondente a quello risultante da queste ultime, restando irrilevante la mancanza di una loro diretta e formale applicazione, tuttavia quando, all’esito del giudizio di primo grado, l’ammontare del danno alla persona sia stato determinato secondo il sistema “tabellare“, la sopravvenuta variazione “nelle more del giudizio di appello” delle tabelle utilizzate legittima il soggetto danneggiato a proporre impugnazione, per ottenere la liquidazione di un maggiore importo risarcitorio, allorquando le nuove tabelle prevedano l’applicazione di differenti criteri di liquidazione o una rideterminazione del valore del “puntobase” in conseguenza di una ulteriore rilevazione statistica dei dati sull’ammontare dei risarcimenti liquidati negli uffici giudiziari, atteso che, in questi casi, la liquidazione effettuata sulla base di tabelle non più attuali si risolve in una non corretta applicazione del criterio equitativo previsto dall’art. 1226 c.c.

Pertanto, nel caso di specie la Corte avrebbe dovuto tener conto delle tabelle milanesi sopravvenute nel corso del giudizio di gravame.

Da ultimo si deve ritenere che il mancato risarcimento del danno iure proprio patito dai nipoti della vittima per mancanza di prove inerenti l’intensità del rapporto nonno-nipote è in linea con il principio secondo cui:

“in caso di domanda di risarcimento del danno non patrimoniale “da uccisione”, proposta iure proprio dai congiunti dell’ucciso, questi ultimi devono provare la effettività e la consistenza della relazione parentale, rispetto alla quale il rapporto di convivenza non assurge a connotato minimo di esistenza, ma può costituire elemento probatorio utile a dimostrarne l’ampiezza e la profondità, e ciò anche ove l’azione sia proposta dal nipote per la perdita del nonno; infatti, non essendo condivisibile limitare la “società naturale”, cui fa riferimento l’art. 29 Cost., all’ambito ristretto della sola cd. “famiglia nucleare”, il rapporto nonni-nipoti non può essere ancorato alla convivenza, per essere ritenuto giuridicamente qualificato e rilevante, escludendo automaticamente, nel caso di non sussistenza della stessa, la possibilità per tali congiunti di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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