SUL REATO DI RICICLAGGIO

Riciclaggio per la moglie che deposita denaro del marito proveniente dalle sue attività illecite con l’intenzione di ostacolare l’identificazione della provenienza. 

Corte di Cassazione, sesta sezione penale, sentenza n. 3608 del 2019

La Corte d’Appello aveva rideterminato la pena nei confronti dell’imputata nella misura di tre anni, sette mesi e dieci giorni di reclusione per il reato ex art 648 bis c.p., primo comma, inerente al riciclaggio di somme di denaro, che era stato trasferito in maniera tale da ostacolare l’identificazione della provenienza, accreditando somme contanti in conti correnti e libretti di deposito di varia entità, intestati all’imputata o congiuntamente al coniuge. Il denaro in questione proveniva da attività illecita del marito e l’imputata ne era a piena conoscenza.

L’articolo 648 bis del codice penale, al primo comma dispone che:

“Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo; ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5.000 a euro 25.000”.

Gli Ermellini, intervenuti per dirimere la questione hanno dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputata in quanto infondato, non potendosi riqualificare, come richiesto, il reato sussumendo la relativa condotta in alternativa nell’alveo dell’articolo 379 del codice penale.

La condotta posta in essere dall’imputata deve essere punita in base all’art. 648bis c.p. il quale sanziona il compimento di operazioni volte non soltanto ad impedire, ma anche a rendere più difficoltoso l’accertamento della provenienza del denaro dei beni o delle altre utilità, attraverso condotte caratterizzate da un effetto dissimulatorio.

Nello specifico l’imputata, moglie di un comandante dell’Arma dei Carabinieri presso l’ispettorato del lavoro, aveva versato su un libretto di deposito di una cooperativa di consumo, e in seguito prelevato tramite assegni, del denaro provento dall’attività concussiva del marito, in danno di un imprenditore, in occasione di un infortunio occorso presso la sua azienda, dal quale aveva lucrato una consistente somma di denaro. Altro denaro invece era stato versato su di un conto corrente intestato ad entrambi i coniugi.

Tali comportamenti sono sintomatici della consapevolezza in capo all’agente della provenienza illecita del denaro e del conseguente dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l’identificazione.

Come specificato già con diverse pronunce, deve essere evidenziato che:

“il delitto di “riciclaggio” si distingue dal reato di “ricettazione“, non tanto con riferimento ai delitti presupposti, bensì sulla base degli elementi strutturali relativi 1) all’elemento soggettivo che implica il dolo specifico dello scopo di lucro nella ricettazione e il dolo generico nel delitto di riciclaggio; 2) all’elemento materiale che, con particolare riferimento all’art. 648 bis c.p., ha riguardo alla idoneità ad ostacolare l’identificazione della provenienza del bene quale “indice caratteristico” delle condotte di cui all’art. 648 bis c.p., secondo cui, in tema di distinzione tra il delitto di riciclaggio e quello di ricettazione, l’elemento essenziale ai fini della qualificazione giuridica del fatto nel reato di cui all’art. 648 bis c.p., è la idoneità della condotta ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del bene, in presenza della quale, il concreto intento di lucro, può valere a rafforzare, ma non ad escludere, il dolo generico del riciclaggio”.

Inoltre, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale:

“per realizzare la condotta di riciclaggio, non è necessario che sia efficacemente impedita la tracciabilità del percorso dei beni provento di reato, ma è sufficiente anche che essa sia solo ostacolata”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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