MANTENIMENTO DEI FIGLI E VITA DIGNITOSA

IL PADRE NON PUÒ ESSERE OBBLIGATO A MANTENERE I FIGLI SE CIO’ GLI IMPEDISCE DI VIVERE DIGNITOSAMENTE

 

A seguito di una separazione, o un divorzio, o al termine della convivenza tra i genitori, occorre decidere sul mantenimento dei figli.

L’ordinamento italiano, partendo dalla Costituzione, impone ai genitori di occuparsi anche economicamente dei figli. In particolare, l’art. 30 comma 1 Cost. recita: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”) ed ancora nel codice civile, l’art. 315-bis c.c., indica una serie di doveri dei genitori verso i figli, tra cui quello del mantenimento.  Il mantenimento riguarda tutti gli aspetti finalizzati alla promozione e allo sviluppo della personalità dei figli, anche al di fuori dell’ambiente familiare e dunque riguarda, a titolo esemplificativo, le spese connesse all’abitazione, allo sport, sanitarie e sociali.

L’art. 337-ter, comma 4, c.c. poi, prevede che ciascuno dei genitori debba provvedere al mantenimento della prole, in misura proporzionale al proprio reddito tenendo conto anche di altri fattori quali ad esempio le attuali esigenze del figlio; il tenore di vita goduto dallo stessi in costanza di convivenza con entrambi i genitori; i tempi di permanenza presso ciascun genitore ecc.

Il principio di proporzionalità al mantenimento, enunciato dall’art. 337 ter co. 4 c.c., viene ripreso dall’art. 316-bis c.c. che sancisce che, per stabilire le effettive risorse economiche dei genitori, occorre valutare non solo i redditi percepiti, ma l’intero patrimonio e la capacità di lavoro, professionale o casalingo, di ciascun coniuge (sul punto si veda ex multis, Cass. n. 3974/2002).

Inoltre, è principio consolidato che il contributo del genitore al mantenimento del figlio non può essere quantificato in una somma inferiore a quella necessaria per assicurare un “minimo essenziale per la vita e la crescita” della prole (Cass. n. 11025/1997).

Ma cosa accade se il genitore è in una condizione precaria e non ha nulla dippiù che lo stretto necessario per la propria dignitosa sopravvivenza?

Sul punto si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione che ha escluso il dovere di mantenimento per il padre che, altrimenti, non sarebbe in grado di vivere dignitosamente.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 32576 del 15/06/2022, ha specificato che

In tema di violazione degli obblighi di mantenimento occorre tenere in considerazioni tutte le peculiarità del caso specifico: importo delle prestazioni imposte, disponibilità reddituali dell’obbligato, necessità per lo stesso di provvedere a proprie esigenze di vita egualmente indispensabili (vitto, alloggio, spese inevitabili per la propria attività lavorativa), solerzia, da parte sua, nel reperimento di possibili fonti di reddito (eventualmente ulteriori, se necessario, rispetto a quelle di cui già disponga), contesto socio economico di riferimento e quant’altro sia in condizione di influire significativamente sulla effettiva possibilità di assolvere al proprio obbligo, se non a prezzo di non poter provvedere a quanto indispensabile per la propria sopravvivenza dignitosa.” concludendo per l’annullamento della sentenza che aveva confermato in secondo grado la condanna del prevenuto, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello territorialmente competente.

In particolare, nella fattispecie in esame, accadeva che un padre ricorresse in Cassazione avverso la Sentenza della Corte di Appello che aveva confermato la condanna per il delitto p. e p. dall’art. 570 bis, c.p.

Le doglianze dell’imputato si fondavano su cinque motivazioni. La seconda di esse, attinente l’insussistenza dell’elemento psicologico del reato, essendosi l’imputato incolpevolmente trovato in situazione d’indigenza, veniva accolta assorbendo le altre (tranne il primo motivo ritenuto inammissibile e infondato).

La Suprema Corte chiariva che sebbene si fosse correttamente applicato il principio per cui

l’impossibilità di adempiere agli obblighi di mantenimento verso i familiari imposti dal giudice civile debba essere assoluta, non potendo desumersi automaticamente neppure da una condizione di disoccupazione dell’obbligato”,

tale “assolutezza” non può comprendere persino uno stato di  indigenza totale.

Dunque gli Ermellini specificavano che, ferma l’importanza della tutela della prole, occorre individuare un punto di equilibrio tra tale esigenza e i doveri di solidarietà del genitore imposti dalla legge .

Aliis Verbis, la pronuncia di annullamento con rinvio della Corte di Cassazione, si fondava sul presupposto che seppur sia indubbio l’obbligo di ciascun genitore di contribuire al mantenimento dei figli, è d’altro canto doveroso considerare la sussistenza di circostanze in cui non sia possibile ascrivere la colpevolezza al genitore.

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Cassazione penale sez. VI 15.06.2022 (ud. 15.06.2022 dep. 22.09.2022) n.35633