QUANDO SI OSTACOLA IL RAPPORTO DEL FIGLIO E GENITORE NON CONVIVENTE

CONDANNATA A PAGARE UNA SANZIONE DI MILLE EURO LA MADRE CHE OSTACOLA IL RAPPORTO PADRE FIGLIA

Quando una coppia con figli si separa, la prole viene normalmente affidata in prevalenza all’uno o all’altro genitore. Il genitore non collocatario possiede in ogni caso il c.d. “diritto di visita”, ossia il potere giuridicamente tutelato di incontrarsi con i propri figli a seguito dell’insorgere della crisi coniugale o affettiva.

L’esercizio del diritto di visita è una delle sfaccettature del c.d. principio di bigenitorialità, introdotto dalla legge n. 54/2006, per cui i figli hanno diritto di mantenere un rapporto continuativo ed equilibrato con entrambi i genitori, nonostante la sopraggiunta crisi del matrimonio e/o della convivenza.

Il diritto di visita può essere negato al genitore che manifesti una evidente inidoneità educativa ed incapacità relazionale con il figlio, al punto da arrecare pregiudizio al supremo interesse del minore.

In materia risulta interessante la pronuncia della Corte di Cassazione n. 26352 del 07/09/2022, (ud. 31/05/2022, dep. 07/09/2022) con cui la Suprema Corte, confermando le pronunce precedenti, condannava una madre, sanzionandola per euro mille per aver ostacolato l’esercizio del diritto di visita del padre per alcuni anni. Non solo, la Corte accoglieva anche l’istanza del padre di condannare la controparte ex art. 614-bis c.p.c., ad un importo da versare per ogni successiva violazione o inosservanza.

In particolare, nella sentenza in commento, veniva rigettata la richiesta di affido esclusivo sollevata dalla madre, fondata su presunti problemi di dipendenza dall’alcool del padre, rimasti indimostrati, che avrebbero costituito la causa del disinteresse paterno

La figlia minore della coppia, secondo gli accertamenti, soffriva da una parte di problematiche connesse alla mancanza della figura genitoriale paterna, verso il quale nutriva affetto nonostante la difficoltà dell’uomo, al punto che, con l’aiuto dei nonni paterni e dei servizi territoriali, si sarebbe potuto in breve tempo ristabilire un rapporto padre-figlia e dall’altra l’oppressione di una figura materna negativa, perché carica di aspetti punitivi e ostili, che la minore temeva di contrariare  frustrando il suo continuo bisogno di affetto.

La suprema Corte, in rigetto delle istanze della ricorrente, confermava la pronuncia emessa in grado di appello che, oltre a rifiutare l’affidamento esclusivo invece applicando quello condiviso, condannava la madre alla sanzione di 1000 Euro, per aver impedito il ripristino dei rapporti della minore con il padre, anche con la mediazione dei servizi territoriali e che accoglieva parzialmente  l’appello incidentale proposto dal padre, ove chiedeva di condannare ai sensi dell’ art.

614 bis c.p.c. la madre della minore ad un importo da versare per ogni violazione o inosservanza successiva relativa all’esecuzione del provvedimento giudiziale di esercizio del diritto di visita, atteso il sistematico rifiuto frapposto ad ogni incontro del padre con la figlia.”

Per la Suprema Corte, sottolineando la correttezza e ritualità della pronuncia della Corte d’Appello che non aveva basato la propria decisione

su dogmi scientifici recepiti acriticamente ma sul rilievo decisivo rispetto all’equilibrio psico fisico della minore del comportamento impeditivo reiterato dell’esercizio della bigenitorialità da parte della ricorrente.”, anche tenendo conto “della complessiva indagine peritale anche in relazione al deficit di competenze paterne, dal momento che, nonostante l’accertato comportamento ostruttivo della madre, ha confermato la collocazione prevalente presso di lei in regime di affido condiviso, senza limitare la sua responsabilità genitoriale”.

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Cassazione civile sez. I 07.09.2022 (ud. 31.05.2022 dep. 07.09.2022) n.26352