SUL CONTRASSEGNO INVALIDI

CON IL CONTRASSEGNO INVALIDI E’ POSSIBILE ACCEDERE E CIRCOLARE NELLE CORSIE RISERVATE AI VEICOLI DI PUBBLICO TRASPORTO

 

Ai sensi dell’art. 7 co. 14 Dlgs. n. 285/1992 vi è il divieto di circolazione nelle corsie riservate ai mezzi pubblici di trasporto. Rientrano in tale divieto anche le zone a traffico limitato, tra cui anche le aree pedonali.

Colui che viola il divieto di cui sopra, incorre in una sanzione amministrativa.

Tuttavia, talune categorie di soggetti, sono autorizzate ad accedere e circolare anche nelle corsie riservate ai trasporti pubblici.

Invero, gli invalidi, in applicazione delle norme di cui agli artt. 11 e 12 del d.P.R. n. 503/1996, che si occupano per la precisione della “circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone disabili”, possono circolare anche nelle aree citate purché espongano   il contrassegno attestante che il mezzo sia destinato al servizio della persona disabile.

In materia si è recentemente pronunciata la Corte di Cassazione con ordinanza del 8 agosto 2022, n. 24015.

Nello specifico la pronuncia in commento ha chiarito che

In tema di sanzioni amministrative, alla luce delle disposizioni contenute negli artt. 11 e 12 del D.P.R. n. 503 del 1996 e nell’art. 381, comma secondo, del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice stradale, di cui al D.P.R. n. 495 del 1992, il cosiddetto “contrassegno invalidi”, che autorizza la circolazione e la sosta del veicolo adibito al trasporto di una persona con capacità di deambulazione sensibilmente ridotte anche all’interno delle zone urbane a traffico limitato e delle aree pedonali urbane, è rilasciato alla persona disabile in quanto tale, in modo che questa se ne possa servire esponendolo sul veicolo adibito in quel momento al suo servizio e, perciò, la sua validità non è limitata al territorio del Comune che abbia rilasciato tale contrassegno, ma è estesa a tutto il territorio nazionale. Pertanto, l’esercizio di tale diritto non può essere condizionato dal preventivo assolvimento di un onere informativo ulteriore a favore dell’ente comunale, che non trova un espresso fondamento in un dato normativo specifico, dal momento che lo stesso non è riconducibile alla previsione generale di cui all’art. 7 c.d.s., con il quale è stabilito che, nei centri abitati, i Comuni possono, con ordinanze sindacali, limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli per accertate e motivate esigenze.”

In particolare accadeva che, in prima istanza, il Giudice di pace, avesse rigettato il ricorso di un cittadino, il quale, per il tramite del proprio procuratore, impugnava alcuni verbali con i quali la Polizia Municipale aveva irrogato delle sanzioni per aver circolato nella corsia riservata ai mezzi pubblici, pur essendo chiaramente esposti i prodromici segnali di divieto.

Anche il Tribunale in grado di appello decideva di confermare la validità dei verbali e la congruità delle sanzioni amministrative irrogate, sul presupposto che, il Comune presso il quale venivano irrogate le sanzioni, in ossequio all’art. 7 co. 1 lett. b) Cds, aveva individuato, con ordinanza sindacale, le categorie alle quali era consentito l’accesso e la circolazione nelle corsie riservate ai veicoli di pubblico trasporto e nelle z.t.l. e che aveva subordinato tale autorizzazione alla previa comunicazione della targa del veicolo.

Invero, una volta comunicata la targa, questa veniva inserita nella banca dati predisposta dall’Amministrazione, in modo tale da consentire un rilevamento e riconoscimento automatico dei veicoli autorizzati al transito nelle suddette aree.

Nel caso di specie il ricorrente aveva provveduto alla suddetta comunicazione solo dopo aver acceduto alle aree riservate.

Dunque, il ricorrente, sconfitto anche in grado di appello, decideva di adire la Corte di Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 38 del C.d.S. 1992, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 giacché la Magistratura aveva ritenuto irrilevante che la comunicazione della targa fosse stata fatta successivamente e non ex ante come richiesto dal Comune, nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 188 C.d.S. 1992, e dell’art. 381 reg. att., con riferimento all’art. 7, commi 1 e 9, dello stesso C.d.S., giacché i Giudici di primo e secondo grado avevano erroneamente inteso che il potere del Comune di limitazione di accesso alle aree riservate derivasse  dall’art. 7 C.d.S., comma 1, lett. b).

I Giudici di Piazza Cavour confermavano che la sentenza impugnata avesse effettivamente violato l’art. 381 reg. esec. C.d.S., comma 2, in correlazione con l’art. 7 C.d.S., atteso che il citato art. 381 reg. esec. C.d.S. co. 2, in correlazione con le disposizioni di cui al D.P.R. n. 503 del 1996, artt. 11 e 12, attribuisce all’invalido

un diritto personale di poter circolare, su tutto il territorio nazionale e anche nelle corsie riservate ai mezzi pubblici, con il solo onere di esporre il contrassegno che denota, per l’appunto, la destinazione del mezzo di servizio della persona disabile”.

Se quindi è vero che l’art. 7 C.d.S., comma 1, lett. b), assegna al Comune il potere di riservare determinate strade alla circolazione di veicoli adibiti a servizi pubblici di trasporto, è altrettanto vero che tale potere non può essere esercitato in contrasto con le norme imperative e, nella specie, dell’art. 381 reg. esec. C.d.S., comma 2.

Dunque risultava abnorme, la decisione del Comune di subordinare il diritto di circolazione di veicoli destinati al servizio di soggetti invalidi, alla previa comunicazione della targa.

Gli Ermellini richiamavano, nel dispositivo in argomento, anche precedenti pronunce come la n. 719/2008 che, in tema di sanzioni amministrative, alla luce delle menzionate disposizioni contenute nel D.P.R. n. 503 del 1996, artt. 11 e 12, e nell’art. 381, comma 2, del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice stradale, di cui al D.P.R. n. 495 del 1992, ha chiarito che il contrassegno invalidi, autorizza la circolazione e la sosta del veicolo adibito al trasporto di una persona con capacità di deambulazione sensibilmente ridotte, anche all’interno delle zone urbane a traffico limitato e delle aree pedonali urbane ed

è rilasciato alla persona disabile in quanto tale, in modo che questa se ne possa servire esponendolo sul veicolo adibito in quel momento al suo servizio e, perciò, la sua validità non è limitata al territorio del Comune che abbia rilasciato tale contrassegno, ma è estesa a tutto il territorio nazionale. Pertanto, l’esercizio di tale diritto non può essere condizionato dal preventivo assolvimento di un onere informativo ulteriore a favore dell’ente comunale”.

Così, la Suprema Corte concludeva cassando la sentenza impugnata e rinviando al Tribunale in grado di appello.