“SI” AL PANINO DA CASA AL POSTO DELLA MENSA SCOLASTICA


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Il Tar ribalta la sentenza delle Sezioni Unite e dice sì al panino da casa

TAR Lazio, sezione III-bis, sentenza n. 14368 del 13 dicembre 2019

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20504 del 2019, a fine luglio 2019 erano intervenute sull’annosa questione dell’esistenza o meno di un diritto soggettivo da parte dei genitori degli alunni a consumare il pasto portato da casa piuttosto che quello della refezione scolastica, disponendo che tale diritto non era configurabile all’interno del nostro ordinamento.

Il principio di diritto espresso era il seguente:

“Un diritto soggettivo perfetto e incondizionato all’autorefezione individuale, nell’orario della mensa e nei locali scolastici, non è configurabile e, quindi, non può costituire oggetto di accertamento da parte del giudice ordinario, in favore degli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado, i quali possono esercitare diritti procedimentali, al fine di influire sulle scelte riguardanti le modalità di gestione del servizio mensa, rimesse all’autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche, in attuazione dei principi di buon andamento dell’Amministrazione pubblica”.

Pertanto, così disponendo le Sezioni Unite avevano di fatto vietato ai bambini di consumare il pasto preparato dai loro genitori in luogo di quello servito durante la mensa scolastica.

Il Tar, con la pronuncia qui in commento ha ribaltato la decisione delle Sezioni Unite, ritenendo invece di conformarsi all’orientamento espresso nella sentenza n. 1049/2016 della Corte d’Appello di Torino che, dagli articoli 5 e 7 del D.Lgs. n. 59/2004 evince il principio secondo cui:

“il diritto all’istruzione primaria non corrisponde più al solo diritto di ricevere cognizioni, ma coincide con il diritto di partecipare al complessivo progetto educativo e formativo che il servizio scolastico deve fornire nell’ambito del tempo scuola in tutte le sue componenti e non soltanto a quelle di tipo strettamente didattico, ragion per cui il permanere presso la scuola nell’orario della mensa costituisce un diritto soggettivo perfetto proprio perché costituisce esercizio del diritto all’istruzione così come delineato”.

Il “tempo mensa” è a tutti gli effetti tempo scuola se condiviso e vissuto da tutti i membri della classe, in quanto rappresenta un momento di condivisione e socializzazione. Il servizio mensa non può invece dirsi qualificante il servizio di pubblica istruzione e pertanto deve essere tenuto distinto dal concetto di “tempo mensa”.

Tra le varie argomentazioni utilizzate dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 20504 del 2019 per affermare che, nel vigente sistema scolastico, tra le diverse finalità educative vi sarebbe anche quella dell’educazione alimentare si richiama il comma 5 dell’art. 4 del DL n. 104 del 2013 e l’art. 9 del D.lgs. n. 59 del 2004. Tuttavia tali richiami non appaiono persuasivi infatti, un conto è la socializzazione che caratterizza il tempo mensa, un conto è l’obbligo di consumare e condividere il medesimo cibo.

Il Consiglio di Stato, con un’importante pronuncia ha ribadito che

“la scelta di interdire senz’altro il consumo di cibi portati da casa limita la naturale facoltà dell’individuo e, se minore, della famiglia mediante i genitori, vale a dire la scelta alimentare, scelta che è per sua natura e in principio libera, e si esplica vuoi all’interno delle mura domestiche vuoi al loro esterno”.

Pertanto deve essere riconosciuto agli alunni che non vogliano fruire del servizio mensa offerto dall’istituto scolastico il diritto a frequentare ugualmente il tempo mensa, consumando i pasti portati da casa.

Si deve sottolineare che:

“i pasti di preparazione domestica, al pari delle merende del mattino, costituiscono un’estensione dell’attività di preparazione alimentare familiare autogestita, senza intervento di terzi estranei al nucleo familiare; la preparazione di questi è un’attività non assoggettata alle imposizioni delle vigenti normative in materia di igiene dei prodotti alimentari e delle imprese alimentari e relativi controlli ufficiali (Reg. C.E. n. 178/2004, C.E. n. 852/2004 n. 882/2004), non è soggetta a  forme di autorizzazione sanitaria, né a forme di controlli sanitari, e ricade completamente sotto la sfera di responsabilità dei genitori o degli esercenti la potestà genitoriale, sia per quanto concerne la preparazione, sia per ciò che attiene la conservazione ed il trasporto dei cibi in ambito scolastico. La sola competenza del dirigente e del corpo docente è quella che passa attraverso la vigilanza sui minori, volta ad evitare che vi siano scambi di alimenti, la stessa identica funzione che, presumibilmente, dovrebbero assolvere anche durante gli intervalli del mattino”.

Sarà quindi di competenza dell’Amministrazione scolastica e quella comunale di adottare le corrette procedure al fine di gestire i rischi da interferenze, mediante l’applicazione dell’art. 26, commi 3 e 3 ter del D.Lgs. n. 81/08.

Dott.ssa Benedetta Cacace

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