PALPEGGIAMENTO E VIOLENZA SESSUALE: LA PROVA DELL’ELEMENTO SOGGETTIVO

IL DOLO DEL DELITTO DI VIOLENZA SESSUALE NON RICHIEDE CHE LA CONDOTTA SIA SPECIFICAMENTE FINALIZZATA AL SODDISFACIMENTO DEL PIACERE SESSUALE DELL’AGENTE, ESSENDO COMUNQUE NECESSARIO E SUFFICIENTE CHE QUESTI SIA CONSAPEVOLE DELLA NATURA OGGETTIVAMENTE “SESSUALE” DELL’ATTO POSTO IN ESSERE VOLONTARIAMENTE, OSSIA DELLA SUA IDONEITÀ A SODDISFARE IL PIACERE SESSUALE O A SUSCITARNE LO STIMOLO, A PRESCINDERE DALLO SCOPO PERSEGUITO


Con la recente pronuncia del 6 luglio 2023, il Tribunale di Roma assolveva un bidello che era stato sottoposto a processo penale per aver toccato per pochi secondi i glutei di una studentessa minorenne che stava salendo le scale dell’istituto scolastico ove era iscritta, mentre questa era nell’atto di alzarsi i pantaloni che le stavano scendendo sotto la vita.

Nel caso di specie il Tribunale aveva rilevato che, nonostante la condotta del bidello fosse idonea ad integrare il reato di violenza sessuale, nel caso di specie l’uomo non aveva alcuna intenzione maliziosa e dunque non poteva procedersi a condanna in difetto dell’elemento soggettivo occorrente per l’integrazione del reato contestato.

L’assenza dell’elemento soggettivo veniva desunta anche in considerazione della brevità del contatto e dalla condotta tenuta successivamente al fatto.

Se in passato gli atti violativi della violenza sessuale venivano distinti in repentini e non, tale distinzione è stata superata dal 1996 ed ogni condotta dalla connotazione carnale costituisce, indifferentemente dal tempo in cui si protrae, violenza sessuale.

Naturalmente, pur essendo stata soppressa la bipartizione, le ipotesi di contatto repentino vengono ritenute di minore gravità e dunque in tali casi si applica una pena ridotta.

La tutela della vittima però non può prescindere dalla valutazione dell’effettivo andamento dei fatti e l’elemento soggettivo, al pari di quello oggettivo, deve essere dimostrato

al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Nella vicenda sottesa alla pronuncia in esame, la giovane aveva raccontato che mentre saliva le scale dell’istituto in presenza di numerose persone, giunta al primo piano,

mentre si stava tirando sui pantaloni che le erano scesi dalla vita, sentiva da dietro delle mani entrarle nei pantaloni, sotto gli slip, che dapprima le toccavano i glutei e poi la afferravano per le mutandine e la tiravano su sollevandola di circa 2 centimetri; il tutto durava circa cinque/dieci secondi”.

La ragazza aggiungeva che in un primo momento aveva creduto che il gesto fosse stato posto in essere dalla sua compagna di classe, ma che subito dopo si era resa conto che si trattava dell’operatore scolastico (che conosceva benissimo e con il quale aveva un ottimo rapporto) che, immediatamente dopo tale condotta, scherzava sull’accaduto, ricollegando il tutto ad uno scherzo.

Visto che la ragazza si era agitata, allora l’uomo cominciava ad agitarsi anch’egli iniziando a giustificarsi concitatamente con la giovane, alla presenza di tutti gli altri compagni di scuola, continuando anche a ricreazione, a ripetere che si trattava di un gesto scherzoso e giungendo, per la frustrazione, a dare una testata sul bancone del bar.

La versione della persona offesa e quella dell’imputato coincidevano, con la differenza che il bidello affermava di non aver infilato le mani nel pantalone e sotto gli slip. Egli infatti argomentava di aver visto la ragazza ridere con le amiche mentre alzava i pantaloni e, scherzando, di averla aiutata prendendola da dietro attraverso i passanti dei pantaloni, sollevandola leggermente da terra.

L’uomo confermava anche le sue successive reazioni connesse alla propria frustrazione per non essere stato compreso e di essere stato insultato da altri studenti che avevano appreso dell’evento.

Il Tribunale quindi osservava che l’imputato aveva in effetti repentinamente toccato i glutei della giovane, ovviamente senza il consenso della stessa e che quindi sotto il profilo oggettivo si fosse integrato il fatto in quanto

l’elemento oggettivo può consistere sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia, come nel caso di specie, nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso” e chiarendo che anche laddove il contatto fosse avvenuto al di sopra dei pantaloni, come sostenuto dall’imputato, la circostanza non avrebbe rilevato come scriminante, in quanto “integra il reato di violenza sessuale e non quello di molestia sessuale (art. 660 c.p.) la condotta consistente nel toccamento non casuale dei glutei, ancorché sopra i vestiti” (Cass. pen., sent. n. 24895 del 7/10/2014).

Tuttavia mancava la piena dimostrazione della sussistenza dell’elemento psicologico, giacché pur non essendo in alcun modo necessario dimostrare la “finalità” della condotta, occorre dimostrare in concreto la consapevolezza di compiere un atto di natura “sessuale” o la volontarietà della violazione della sfera sessuale della vittima.

Anche in precedenza invero, la Suprema Corte (cfr. ex multis, Cass. pen. Sez. III, n. 13278 del 12/3/2021; Cass. pen., Sez. III, n. 24872 del 25/6/2021) ha chiarito che il dolo del delitto di violenza sessuale non richiede che la condotta sia specificamente finalizzata al soddisfacimento del piacere sessuale dell’agente, essendo comunque necessario e sufficiente che questi sia consapevole della natura oggettivamente “sessuale” dell’atto posto in essere volontariamente, ossia della sua idoneità a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dallo scopo perseguito.

Sul punto, il Tribunale di Roma ha infatti evidenziato che

nel caso di specie, le sopra descritte modalità dell’azione lasciano ampi margini di dubbio sulla volontarietà nella violazione della libertà sessuale della ragazza, considerato proprio la natura di sfioramento dei glutei, per un tempo sicuramente minimo, posto che l’intera azione si concentra in una manciata di secondi, senza alcun indugio nel toccamento. Inoltre, appare verosimile che lo sfioramento dei glutei sia stato causato da una manovra maldestra dell’imputato che, in ragione della dinamica dell’azione, posta in essere mentre i soggetti erano in movimento e in dislivello l’uno dall’ altra, potrebbe avere accidentalmente e fortuitamente attivato un movimento ulteriore e non confacente all’intento iniziale. In tal senso depone anche la condotta successiva dell’imputato, che solo alla manifestazione di disagio della ragazza, si è reso conto della natura inopportuna del suo gesto, andato oltre le proprie intenzioni, tanto da cercare di chiarire la situazione ed evitare ogni fraintendimento. L’incertezza sulla sussistenza dell’elemento soggettivo impone una pronuncia assolutoria exart. 530 cpv c.p.p.”.

Ne conseguiva dunque l’assoluzione dell’operatore scolastico.

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