OMESSA DIAGNOSI E RISARCIBILITÀ DEL DANNO DEI FAMILIARI


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER

Informativa sulla Privacy

In caso di omessa diagnosi i familiari del paziente hanno il diritto al risarcimento del danno patito per la sofferenza ed il mutamento peggiorativo delle proprie abitudini di vita?

Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 28220 del 2019

Nel caso di specie una paziente, unitamente ai figli ed al marito, avevano convenuto in giudizio il primario di cardiologia e l’unità ospedaliera presso la quale era stata ricoverata, chiedendo il risarcimento dei danni perché al momento delle dimissioni, in seguito ad un intervento di valvuloplastica, non si erano accorti che questa aveva contratto un’endocardite infettiva.

Secondo i ricorrenti, la tardiva diagnosi aveva comportato un progressivo peggioramento delle condizioni di salute della paziente, con conseguente necessità di diversi ricoveri e assistenza costante per quasi un anno al rientro a casa, riportando un’invalidità permanente del 50% che aveva determinato un grave turbamento alla famiglia.

Nell’adire la Cassazione i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 2059 c.c., in relazione agli articoli 2, 29 e 30 della Costituzione e dell’art. 360 comma 1 n. 5, per aver i giudici di merito respinto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale richiesto dal marito e dai figli della donna in ragione dello sconvolgimento delle loro abitudini di vita per assistere la congiunta durante la malattia e nel periodo successivo.

La Corte d’Appello, aveva motivato il rigetto della domanda affermando che

“in ogni caso di tratta di un’assistenza familiare, per quanto faticosa sul piano psicologico, evidentemente condivisa ed avvenuta principalmente durante i ricoveri ospedalieri”.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno accolto il ricorso, rammentando che secondo consolidato orientamento giurisprudenziale

“il risarcimento del danno non patrimoniale può spettare anche ai prossimi congiunti della vittima di lesioni personali invalidanti non essendo ostativo il disposto dell’art. 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso”.

Come precisato dalla Cassazione con le sentenze n. 2788 del 2019 e 11212 del 2019

“la prova del danno non patrimoniale, patito dai prossimi congiunti di persona resa invalida dall’altrui illecito, può essere desunta anche soltanto dalla gravità delle lesioni, sempre che l’esistenza del danno non patrimoniale sia stata debitamente allegata nell’atto introduttivo del giudizio. Il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dal prossimo congiunto di persona lesa in modo non lieve dall’altrui illecito, può essere dimostrato con ricorso alla prova presuntiva, che deve essere cercata anche d’ufficio, se la parte abbia dedotto e provato i fatti noti dai quali il giudice, sulla base di un ragionamento logico-deduttivo, può trarre le conseguenze per risalire al fatto ignorato”.

Quindi, anche i congiunti di una persona lesa dall’altrui condotta illecita possono manifestare uno stato di sofferenza e un mutamento peggiorativo delle condizioni di vita e, per tali ragioni meritano di essere risarciti.

Dott.ssa Benedetta Cacace

VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER