MALTRATTAMENTI ALL’INTERNO DELLE SCUOLE E INTERCETTAZIONI AUDIO-VIDEO

Ammissibili le riprese audio-video all’interno di un istituto scolastico per smascherare i maltrattamenti delle insegnanti

Corte di Cassazione, sesta sezione penale, sentenza n. 14150 del 2019

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento torna nuovamente ad occuparsi del reato di maltrattamenti perpetrato nei confronti degli alunni dalle insegnanti.

Nel caso di specie, alcune insegnanti, erano state condannate per il reato, in concorso anche mediante omissione, di maltrattamenti ai danni dei minori di una scuola materna ove lavoravano.

I giudici di merito, concordemente, avevano ritenuto sussistente la gravità indiziaria dell’indicato delitto con riguardo ad una serie di episodi di maltrattamenti, perpetrati dalle educatrici, a danno di alcuni minori di età compresa tra i tre e i quattro anni a loro affidati.

L’articolo 572 del codice penale punisce:

“Chiunque, fuori dai casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni”.

I comportamenti illeciti erano stati svelati dalle indagini avviate sulla scorta della denuncia della madre di un minore, arricchite dalle dichiarazioni di altri genitori nonché dalle intercettazioni audio-video operate presso la struttura educativa.

Dal video emergeva un clima di tensione emotiva, connotato da urla, reazioni esagerate aventi ad oggetto la punizione e la correzione degli alunni, nonché episodi di compressione della libertà di locomozione, caratterizzate non da comportamenti isolati, ma da condotte reiterate nel tempo.

Le condotte commissive erano costituite da spintonamenti, strattonamenti, trascinamenti dei bambini, schiaffi sulle mani, colpi, punizioni umilianti, rimproveri ed insulti.

Secondo i giudici tali comportamenti esorbitano dai limiti del mero rinforzo della proibizione o del messaggio educativo, derivante dall’assenza di gravi presupposti e tenuto conto della tenera età degli alunni.

Nel ricorrere in Cassazione le imputate lamentano violazione di legge, in riferimento all’articolo 266 del codice di procedura penale, con riguardo alla ritenuta utilizzabilità delle intercettazioni che, pur autorizzate, erano state effettuate in un luogo di privata dimora, tale dovendosi qualificare la struttura scolastica.

Inoltre erronea applicazione dell’art. 572 del codice penale, per mancanza dell’abitualità e dell’elemento soggettivo.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato inammissibile il ricorso poiché generico, rammentando che secondo costante orientamento giurisprudenziale

“non è configurabile il reato di violazione di domicilio, qualora, nel corso di una manifestazione di protesta, taluni soggetti, interrompendo l’attività didattica, accedano nella sede di un istituto scolastico, poiché tale luogo non è riconducibile alla nozione di privata dimora, nell’ambito della quale rientrano esclusivamente i luoghi non aperti al pubblico, né accessibili a terzi senza il consenso del titolare e nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata”.

Analogamente, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 51113 del 2017 ha statuito che:

“non è configurabile il reato previsto dall’art. 624-bis c.p. qualora il furto sia commesso nel corridoio di un istituto scolastico, trattandosi di luogo non riconducibile alla nozione di privata dimora, nell’ambito della quale rientrano esclusivamente i luoghi non aperti al pubblico, né accessibili a terzi senza il consenso del titolare e nei quali si svolgono non occasionalmente atti della vita privata”.

Invece, con riguardo al requisito dell’abitualità e all’elemento soggettivo, che secondo le ricorrenti non sarebbero ravvisabili per la variabilità della persona offesa, si deve precisare che la contestazione riguarda gli atti di maltrattamento posti in essere a danno di minori affidati alle insegnanti nell’ambito di una specifica classe, pertanto, a prescindere dall’eventuale assenza di specifiche condotte violente in danno di alcuni bambini rimane pur sempre posta a fondamento dell’ipotesi accusatoria la commissione di condotte in grado di determinare in tutti i minori un grave stato di soggezione psicologica.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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