LA VENDITA PER STRADA DI PANE NON CONFEZIONATO CONFIGURA UN REATO?

Chiunque venda pane non confezionato per strada commette reato

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 45274 del 2018

Nel caso di specie, il Tribunale aveva condannato l’imputato per il reato ex artt. 5, lett. b) e 6 della L. n. 283 del 1962, in quanto era stato sorpreso con 10 kg di pane in cattivo stato di conservazione sotto il profilo igienico-sanitario, destinati alla vendita in strada, e detenuti senza alcuna forma di protezione dagli agenti esterni.

L’art. 5, lett.b) della L. n. 283 del 1962 dispone che:

“È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari:

b) in cattivo stato di conservazione; […]”.

L’imputato, nel ricorrere in Cassazione sosteneva che il comportamento da lui posto in essere integrerebbe una condotta di cattive modalità di conservazione e non di cattivo stato di conservazione come prescrive la legge.

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Gli Ermellini, intervenuti sul punto hanno richiamato il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo il quale:

“Ai fini della configurabilità della contravvenzione prevista dall’art. 5, lett. b), della legge 30 aprile 1962 n. 283, che vieta l’impiego nella produzione di alimenti, la vendita, la detenzione per la vendita, la somministrazione, o comunque la distribuzione per il consumo, di sostanze alimentari in cattivo stato di conservazione, non è necessario che quest’ultimo si riferisca alle caratteristiche intrinseche di dette sostanze, ma è sufficiente che esso concerna le modalità estrinseche con cui si realizza, le quali devono uniformarsi alle prescrizioni normative, se sussistenti, ovvero, in caso contrario, a regole di comune esperienza”.

Detto ciò quello che se ne ricava è che lo stato di cattiva conservazione si riferisce a quelle situazione in cui le sostanze alimentari, pur potendo ancora essere genuine, si presentano mal conservate, ossia, preparate, confezionate e messe in vendita senza aver rispettato le prescrizioni atte ad evitare il pericolo di una loro precoce degradazione o alterazione.

Secondo quanto disposto dalle Sezioni Unite, il termine “stato di conservazione”, anche se ambiguo, nella maggior parte dei casi indica l’insieme delle attività volte al mantenimento delle caratteristiche originarie della cosa.

In base a quanto appena esposto il ricorso dell’imputato deve ritenersi inammissibile, stante la manifesta infondatezza del motivo di ricorso.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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