LA RESPONSABILITA’ MEDICA IN CASO DI INTERVENTO CHIRURGICO NON NECESSARIO ED IN ASSENZA DI CONSENSO

Il medico che effettua un intervento chirurgico non necessario ed in assenza del consenso è responsabile in caso di complicanze

Corte di Cassazione sent. n. 9180/2018

Gli Ermellini hanno enunciato il seguente principio di diritto:

“La realizzazione di un intervento chirurgico non necessario, in assenza di consenso determina la piena responsabilità dei sanitari”.

Un ragazzino era stato ricoverato in ospedale per una colica addominale di natura da determinarsi. Il giorno seguente era stato sottoposto ad una appendicectomia e alla somministrazione per endovena di un farmaco antiematico.

Dopo poco il bambino era deceduto in seguito ad una intossicazione farmacologica.

I genitori decisero di citare in giudizio l’ospedale ritenendo che il paziente fosse stato sottoposto ad un intervento non necessario. Il tutto senza essere informati ai fini del consenso della terapia chirurgica.

Il ragazzino era allergico ad alcuni antibiotici ed al latte, come segnalato al personale sanitario all’ingresso nella struttura ospedaliera. Il farmaco assunto subito dopo l’intervento aveva sviluppato nella vittima reazioni di tipo extrapiramidale, nonché l’irrigidimento degli arti superiori.

I sanitari, tuttavia, non avevano riscontrato alcunché, ritardando le terapie nonostante i solleciti della madre. Il bimbo era deceduto a distanza di 5 ore.

Il Tribunale in primo rado aveva negato la responsabilità della struttura sanitaria. Infatti, l’intervento anche se non urgente era necessario, in quanto il ragazzo avrebbe potuto tollerare solamente un altro giorno di attesa.

Era plausibile che anche il giorno seguente il bambino avrebbe presentato, durante la fase post-operatoria, gli stessi sintomi di vomito, ai quali si sarebbe posto rimedio con la somministrazione del farmaco incriminato e quindi l’evento si sarebbe comunque verificato. L’intervento pertanto avrebbe costituito mera occasione dell’evento dannoso.

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La circostanza che il bambino soffrisse di allergie non costituiva motivo tale da imporre particolare cautela nella somministrazione di un farmaco di cui non era conosciuta la tolleranza. Il farmaco era indicato per il caso di specie, quindi non vi erano controindicazioni. La morte doveva ritenersi una conseguenza imprevedibile.

La Corte d’Appello invece aveva sostenuto che non sarebbe stato possibile ritenere che l’intervento fosse necessario ed urgente. Quindi, sarebbe stato imprescindibile il consenso alla terapia chirurgica da parte dei genitori.

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I giudici osservano che:

“La distinzione scientifica tra allergia e intossicazione farmacologica non sarebbe sufficiente a escludere l’efficienza della segnalazione della madre del bambino”.

Gli Ermellini, con la sentenza in commento hanno ritenuto di condividere la decisione del giudice a quo, respingendo il ricorso della struttura, in quanto infondato.

Questi hanno sottolineato che l’ospedale è tenuto a rispondere della morte di un paziente quando effettua un intervento non necessario e in mancanza del consenso informato.

Nel caso in esame i sanitari non avevano nemmeno preso in considerazione le indicazioni fornite loro dalla madre del ragazzo.

Per i giudici il paziente ha diritto ad una corretta informazione, dai cui consegue: la facoltà di scegliere tra le differenti opzioni di trattamento medico; la possibilità di acquisire altri pareri; la facoltà di scelta di rivolgersi ad altro sanitario ecc.

Pertanto, nel caso in cui il paziente avesse acconsentito all’intervento sarebbe palese l’insussistenza del nesso di causalità materiale tra la condotta del sanitario e il danno patito.

Nel caso in oggetto non vi era consenso dei genitori.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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