LA RESPONSABILITA’ DEL CONDUTTORE IN CASO DI DETERIORAMENTO

LA RESPONSABILITÀ PER IL DETERIORAMENTO DOVUTO ALL’USO DELLA COSA LOCATA

La locazione è un contratto con cui il proprietario di un bene, c.d. locatore, permette ad un altro, c.d. conduttore, di goderne verso il pagamento di un canone periodico.

Ai sensi dell’art. 1575 c.c.

Il locatore deve: 1) consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione; 2) mantenerla in stato da servire all’uso convenuto; 3) garantirne il pacifico godimento durante la locazione.”

Con riferimento al primo dovere, si tratta del fatto che il locatore deve mettere in condizione il conduttore di godere materialmente del bene locato.

Normalmente la condizione si soddisfa con la consegna delle chiavi.

Quanto al secondo dovere, il locatore deve eseguire tutti gli aggiustamenti per permettere al conduttore di godere a pieno del bene locato, per tutta la validità del contratto di locazione stipulato.

I lavori di piccola manutenzione (manutenzione ordinaria) andranno poi a carico del conduttore, mentre i lavori straordinari, saranno onere del locatore.

Per il terzo onere sancito dall’art. 1575 c.c., il locatore dovrà proteggere il conduttore da eventuali molestie di diritto derivanti da soggetti terzi che reclamino diritti sull’immobile.

Il locatore non è tenuto alla tutela del conduttore delle molestie di fatto. In questo caso il conduttore potrà agire direttamente il giudizio a difesa dei propri interessi.

Il locatore è anche tenuto a restituire il deposito cauzionale al conduttore, ossia la somma versata alla sottoscrizione del contratto di locazione, con cui il conduttore ha garantito l’esecuzione delle proprie prestazioni.

Quanto al conduttore, questi è tenuto a restituire il bene locato nelle medesime condizioni in cui l’ha ricevuto al momento della stipula del contratto di locazione ed a versare il canone pattuito nei termini pattuiti.

Per realizzare il primo dovere, il conduttore dovrà custodire il bene locato con la c.d. diligenza del buon padre di famiglia, per tale intendendosi un impegno adeguato per energie e mezzi per tutelare l’interesse del creditore (nel caso di specie l’interesse del locatore a mantenere il valore della cosa locata), che è legittimo attendersi dall’uomo medio.

In caso di danni che determinino una riduzione del valore della cosa locata, il conduttore sarà responsabile e quindi passibile di condanna al risarcimento del danno patito dal locatore.

Ma non ogni diminuzione di valore è responsabilità del conduttore. Invero, egli non risponde del deterioramento della cosa dovuta all’uso o alla vetustà.

Sul punto illuminate risulta la pronuncia n. 15839 della Cassazione civile sez. III, del 17/05/2022, per cui:

Il conduttore, quando restituisce la cosa locata, è esonerato delle conseguenze derivanti dal deterioramento o dal consumo della cosa stessa, qualora siano riconducibili al suo uso conforme al contratto; tuttavia, le parti ben possono regolare in modo diverso, nell’ambito del sinallagma tra loro specificamente concordato, gli effetti della condizione in cui versa il bene al momento della riconsegna.”

Nel caso di specie accadeva che un contratto di locazione si interrompesse perché il locatore esercitava il proprio diritto di recesso.

Il locatore tuttavia, lamentando la presenza di danni al bene oggetto di locazione, che assumeva connessi alla condotta della conduttrice, rifiutava la riconsegna e continuava a fatturare di mese in mese i canoni.

Visto che le somme non venivano pagate dalla conduttrice, allora il locatore adiva il Tribunale ottenendo diversi decreti ingiuntivi che venivano poi opposti.

Il locatore continuava a chiedere i canoni e una somma per il risarcimento dei danni e il conduttore chiedeva la restituzione del deposito cauzionale.

Il Tribunale revocava i decreti ingiuntivi; dichiarava risolto il contratto per l’esercizio del diritto di recesso della conduttrice; dichiarava illegittimo il rifiuto della locatrice in ordine alla riconsegna dell’immobile; dichiarava che la conduttrice aveva causato a quest’ultimo dei danni stabilendone l’ammontare; effettuava la compensazione parziale con il deposito cauzionale e condannava infine la locatrice a restituirne il residuo.

Veniva proposto appello da entrambe le parti, ma la Corte territoriale confermava la sentenza di primo grado, rigettando entrambi i gravami.

Il locatore proponeva quindi ricorso in Cassazione e il conduttore controricorso.

Il ricorso principale si basava sulla denuncia dell’omessa applicazione dell’art. 1590 c.c. perché la Corte territoriale avrebbe erroneamente rigettato le doglianze sul fatto che i danni arrecati dalla conduttrice al capannone non sarebbero stati di una gravità tale da impedire l’immediata utilizzazione dell’immobile, così disapplicando il costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità (viene richiamata Cass. 12977/2013) per cui il locatore è legittimato a rifiutare la riconsegna del bene locato se il conduttore non abbia adempiuto all’obbligo di compiere la manutenzione straordinaria necessaria.

L’eccezione era però di merito e quindi la Suprema Corte, tacciandola di inammissibilità, la rigettava.

Il ricorso incidentale del conduttore invece si articolava invece su due motivi, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1590,1362 e 1363 c.c.

Quanto al primo motivo il conduttore rilevava che i danni lamentati dal locatore fossero, secondo la relazione sortita dall’ATP, connessi all’uso di carrelli elevatori che però il consulente d’ufficio non aveva potuto esaminare non essendo più in loco.

Il conduttore quindi chiedeva invano chiarimenti/integrazioni al consulente sulle effettive caratteristiche dei carrelli elevatori utilizzati. L’ istanza, non accolta da giudice di prime cure, veniva riproposta nell’appello incidentale, ma anche la Corte d’appello non disponeva l’approfondimento tecnico.

La censura veniva ritenuta dalla Cassazione inammissibile, perché volta ad una ricostruzione alternativa delle risultanze.

Nell’articolazione del secondo motivo invece la conduttrice sosteneva che, in ossequio all’art. 1590 c.c., aveva utilizzato il bene in conformità al contratto e, i danni derivanti dall’uso protratto dei carrelli elevatori, erano da intendersi conformi alla destinazione del bene con conseguente esimente dell’obbligo di ripristino al momento della riconsegna.

Anche tale eccezione veniva ritenuta dalla Corte inammissibile perché la ricorrente non aveva individuato in quali errori del giudice si sarebbe concretizzata la violazione lamentata adducendo solo argomentazioni di natura fattuale.

Per gli Ermellini:

L’interpretazione dell’art. 1590 c.c., effettuata dal giudice d’appello di per sé è corretta. Se è vero, infatti, che l’art. 1590 c.c., al comma 1, esonera il conduttore, quando restituisce la cosa locata, delle conseguenze derivanti dal deterioramento o dal consumo della cosa stessa qualora siano riconducibili al suo uso conforme al contratto, è tuttavia parimenti vero che, alla luce del principio generale della libertà negoziale derogabile solo da norme inequivocamente (perché ontologicamente) imperative, si è dinanzi a una norma dispositiva, ben potendo le parti regolare, nell’ambito del sinallagma tra loro specificamente concordato, in modo diverso – e quindi anche più gravoso per il conduttore – gli effetti della condizione in cui versa la cosa locata al momento della riconsegna.”

Dunque la Suprema Corte ha condiviso le affermazioni dei giudici del merito secondo cui, seppur l’uso dei carrelli elevatori doveva ritenersi conforme alla destinazione siglata nel contratto, non era una circostanza sufficiente per esimere il conduttore dall’obbligo di ripristino al momento della riconsegna, secondo quanto stabilito negli artt. 13 e 17 del contratto di locazione stipulato tra le parti.

Invero le citate clausole, stabilivano che, in deroga all’art. 1590 c.c., l’immobile doveva essere restituito

nello stato e consistenza così come consegnatogli”.

In conclusione la Suprema Corte ha dichiarato inammissibili entrambi i ricorsi compensando le spese processuali per reciproca soccombenza.

Scarica il testo della sentenza

Cassazione civile sez. III, 17.05.2022, n.15839 (1)