GESTIONE SEPARATA E DECORRENZA DELLA PRESCRIZIONE

Avvocati (e non solo) e iscrizione alla Gestione Separata: il diritto dell’ente previdenziale sorge solo nel momento in cui il professionista si iscrive alla Gestione Separata, in quanto l’obbligo di iscrizione, trattandosi di previdenza obbligatoria, non dipende dall’iniziativa dell’interessato, ma dal maturare dei corrispondenti fatti costitutivi; pertanto il termine di prescrizione dei conseguenti crediti matura con il sopravvenire del termine di esigibilità degli stessi

Civile Sent. Sez. Lavoro Num. 27950 Anno 2018

La Cassazione con la sentenza in commento si è finalmente espressa su un argomento che sta a cuore di molti professionisti e cioè quello inerente alla decorrenza della prescrizione dei crediti contributivi, non avvallando la tesi sostenuta dall’INPS.

La Corte ripercorre i passi mossi con pronuncia del 29 maggio 2017 n. 13463  con cui ha affermato che in tema di contributi cd. “a percentuale“, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito.

Anche se il credito sorge sulla base della produzione del reddito, è chiaro che

“la decorrenza del termine di prescrizione dipende dall’ulteriore momento in cui la corrispondente contribuzione è dovuta e quindi dal momento in cui scadono i termini di pagamento di essa, in armonia del resto con il principio generale in ambito di assicurazioni obbligatorie secondo cui la prescrizione corre appunto dal momento in cui «in cui i singoli contributi dovevano essere versati»(art. 55 r.d.l. 1827/1935)”.

Gli Ermellini  rammentano che a rigardo vale quanto disposto dall’art. 18, co. 4, d Igs. 9 luglio 1997, n. 241, secondo cui

«i versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi».

Non solo, ma la Corte osserva che essendo la dichiarazione dei redditi una dichiarazione di scienza
(ed a riguardo si richiama alla Cass. 4 febbraio 2011, n. 2725), la stessa non è presupposto del credito contributivo, così come non lo è rispetto all’obbligazione tributaria, in quanto il fatto costitutivo resta la produzione di redditi rilevante ai sensi di legge.
Al massimo alla dichiarazione dei redditi può riconoscersi effetto interruttivo della prescrizione, ove la medesima consti la ricognizione dell’esistenza del debito contributivo.

“Non diversamente, anche i successivi atti con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, ex art. 1 del d.lgs. n. 462 del 1997, un determinato reddito dapprima non emerso, non individuano fatti costitutivi del riconnesso diritto contributivo dell’ente previdenziale, ma dispiegano soltanto efficacia interruttiva della
prescrizione, anche a beneficio dell’I.N.P.S. (Cass. 13463/2017 cit.)”.

Detto questo non è vero infatti quanto affermato nel precedente grado dalla Corte territoriale, e cioè che

“diritto dell’ente previdenziale sorgerebbe solo nel momento in cui il professionista si iscriva alla Gestione Separata, in quanto l’obbligo di iscrizione, trattandosi di previdenza obbligatoria, non dipende dall’iniziativa dell’interessato, ma dal maturare dei corrispondenti fatti costitutivi; e quindi anche il termine di prescrizione dei conseguenti crediti matura con il sopravvenire del termine di esigibilità di tali crediti.”

Inoltre gli Ermellini precisano che vale dunque la consolidata regola già affermata nelle decisioni n. 10828/2015 e n. 21026/2014 secondo cui

«l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’art. 2935 c. c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo art. 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salva l’ipotesi di dolo prevista dal n. 8 del citato articolo, non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull’esistenza di talediritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento»

Avv. Tania Busetto


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