LE SS.UU. RIBADISCONO IL TERMINE PER PROPORRE RICORSO AL CNF: CON LA L. 247/12 È DI 30 GIORNI

Con l’entrata in vigore della legge 247/2012, il ricorso avverso la pronuncia di sospensione del coa non è tardiva se presentata nel termne di 30 giorni

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, n. 27757/2018 del 31 ottobre 2018

Per onor di cronaca, il Consiglio Nazionale Forense è l’organismo di rappresentanza dell’avvocatura italiana. Insieme agli ordini circondariali, è stato istituito per garantire il rispetto dei principi contenuti nella legge professionale e delle regole deontologiche, nonché con finalità di tutela dell’utenza e degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione e al corretto svolgimento della funzione giurisdizionale.
Il Consiglio Nazionale Forense svolge funzioni giurisdizionali, in qualità di giudice speciale, secondo quanto previsto dall’art. 36 della legge 31 dicembre 2012, n. 247 Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, nelle seguenti materie:
-ricorsi avverso i provvedimenti disciplinari dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati e dei Consigli Distrettuali di Disciplina (art. 50, co. 3 nonché 54, n. 2 RDL n. 1578/1933 e art. 61 L. 247/2012);
– ricorsi avverso le deliberazioni dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati in materia di albi, elenchi e registri (artt. 17 L. 247/2012);
– ricorsi avverso il diniego di rilascio del certificato di compiuta pratica (art. 10, co. 3 RD 37/1934 e art. 45 L. 247/12);
– ricorsi in materia di contenzioso elettorale (art. 6 D.Lgs.Lgt. n. 382/1944 e art. 28, co. 12 L. 247/12);
– risolve i conflitti di competenza tra ordini circondariali (art. 3 D.Lgs.CPS n. 597/1947);
– esercita le funzioni disciplinari nei confronti di componenti del C.N.F. (art. 54 RDL n. 1578/1933), quando il competente Consigli Distrettuali di Disciplina abbia deliberato l’apertura del procedimento.
Fatta questa breve premessa, la sentenza in commento riguarda il caso di un avvocato che era stato sospeso per sei mesi dal Consiglio dell’Ordine di appartenenza, per non aver corrisposto le spettanze dovute, per le mensilità da dicembre 2009 ad aprile 2010, a cinque propri collaboratori.
Contro questa decisione la professionista, ha proposto ricorso al Consiglio nazionale forense che, con sentenza n. 73 del 2018, l’ha dichiarato inammissibile per tardività. Il CNF ha rilevato che la decisione impugnata era stata notificata alla ricorrente in data 18 marzo 2015, ma il ricorso era stato depositato dinanzi al Consiglio soltanto in data 15 aprile 2015, oltre cioè, il termine di venti giorni previsto dall’art. 50 del regio decreto n. 1578 del 1933. Contro questa sentenza l’avvocato propone ricorso per ottenerne la cassazione, che affida a quattro motivi proponendo anche istanza volta a ottenere la sospensione dell’esecutorietà della sentenza impugnata.
Col primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 61 e 65 della legge professionale forense, nonché dell’art. 33 del regolamento sul procedimento disciplinare, là dove il Consiglio nazionale forense ha seguitato ad applicare, benché abrogato, l’art. 50 del r.d. n. 1758/33. Il motivo è fondato.
A norma dell’art. 65 della I. 31 dicembre 2012, n. 247,

«fino all’entrata in vigore dei regolamenti previsti nella presente legge, si applicano se necessario ed in quanto compatibili, le disposizioni vigenti non abrogate, anche se non richiamate».

La disposizione transitoria fissa dunque una regola particolare, che inibisce l’entrata in vigore della novella e che, quanto alle disposizioni processuali, ne impedisce l’immediata applicazione, che si sarebbe altrimenti prodotta, sino a quando, appunto, non si verifichi l’evento assunto come rilevante, ossia l’entrata in vigore dei regolamenti previsti.
Orbene, posto che il regolamento in questione, ossia il regolamento 21 febbraio 2014, n. 2, è entrato in vigore il 1° gennaio 2015, al momento della proposizione del ricorso al CNF, risalente al 15 aprile 2015, era ormai applicabile l’art. 61, 1° comma, della I. n. 247/12, secondo cui

«avverso le decisioni del consiglio distrettuale di disciplina è ammesso ricorso, entro trenta giorni dal deposito della sentenza, avanti ad apposita sezione disciplinare del CNF da parte dell’incolpato, nel caso di affermazione di responsabilità”.

Il motivo va quindi accolto; il che determina l’assorbimento dei restanti, dei quali il secondo concerne la richiesta subordinata di remissione nei termini e gli altri due il merito della vicenda.
Ne segue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al Consiglio nazionale forense perché esamini nel merito l’impugnazione.
La cassazione della sentenza impugnata comporta altresì l’assorbimento della richiesta di sospensione dell’esecutorietà della decisione, alla luce di quanto previsto dal 2° comma dell’art. 34 del regolamento 21 febbraio 2014, n. 2, a norma del quale

«Gli effetti delle sospensioni e delle radiazioni decorrono dalla scadenza del termine previsto per la impugnazione della decisione del Consiglio distrettuale di disciplina, se non proposta, ovvero dal giorno successivo alla notifica all’incolpato della sentenza del Consiglio nazionale forense che decide sull’impugnazione».

E ciò perché cassando la sentenza si determina la caducazione del presupposto al quale è ancorata la produzione degli effetti della sospensione.

Avv. Alessandra Di Raimondo


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