Integra il reato di diffamazione dare del “frocio”


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Per la Cassazione nella sentenza n. 19359/2021 l’utilizzo del termine “frocio” ha carattere dispregiativo e non si può ritenere che non sia così  per una presunta “evoluzione” della coscienza sociale.

I fatti di causa

La Corte d’appello di Milano ha confermato la decisione di primo grado, che aveva condannato un imputato, transessuale esercente la prostituzione, perché comunicando con più persone attraverso Facebook, aveva sostenuto la presunta omosessualità di un uomo, nonché di aver intrattenuto con lui un rapporto sessuale; inoltre, lo aveva apostrofato come “frocio” e “schifoso”.

Di qui il ricorso per Cassazione da parte dell’imputato.

Per la parte che qui ci interessa con il ricorso veniva contestato  il carattere diffamatorio di tali espressioni,

“che avrebbero perso, per “l’evoluzione” della coscienza sociale, il carattere dispregiativo ad esse attribuito dal giudicante.”

L’imputato si duoleva del fatto

“che la Corte di merito abbia considerato diffamatoria l’ulteriore espressione a lui attribuita: “se un uomo sta con un altro uomo a letto cosa è? In gergo è un frocio. Mi Sbaglio?”.”

La decisione della Cassazione

Gli Ermellini hanno considerato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza.

La Corte ha precisato che

”Destituita dì ogni fondamento è l’affermazione, contenuta in ricorso, che le espressioni utilizzate abbiano perso il carattere dispregiativo ad esse attribuito dal giudicante, per una presunta “evoluzione” della coscienza sociale (motivi 2 e 4). Le suddette espressioni costituiscono invece, oltre che chiara lesione dell’identità personale, veicolo di avvilimento dell’altrui personalità e tali sono percepite dalla stragrande maggioranza della popolazione italiana, come dimostrato dalle liti furibonde innescate – in ogni dove – dall’attribuzione delle qualità sottese alle espressioni di cui si discute e dal fatto che, nella prassi, molti ricorrono – per recare offesa alla persona – proprio ai termini utilizzati dall’imputato.”

Qui sotto il testo della sentenza:

Avv. Tania Busetto

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