IN QUALI CASI L’ABBRACCIO COSTITUISCE VIOLENZA SESSUALE?


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Nel reato di violenza sessuale l’elemento oggettivo consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 378 del 2020

Nel caso di specie la persona offesa, a causa della repentinità degli atti posti in essere dall’imputato, fu colta di sorpresa e non poté difendersi; infatti era stato accertato che la donna, mentre stava tendendo la mano per salutare l’imputato, fu improvvisamente afferrata per un braccio ed attirata in un abbraccio in cui vi fu il contatto fisico tra i due corpi, compresi i genitali, e il toccamento laterale di un seno.

La domanda che ci si pone è se tale comportamento integri o meno il reato di violenza sessuale.

L’articolo 609-bis del codice penale dispone che:

“Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuale è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:

1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;

2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.

Secondo costante orientamento giurisprudenziale

“l’elemento oggettivo consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso”.

Pertanto, affinché si realizzi il reato ex art. 609-bis c.p. non è necessaria una violenza che ponga il soggetto passivo nell’impossibilità di opporre una resistenza, ma è sufficiente che l’azione si compia in modo insidiosamente rapido, tanto da superare la volontà contraria del soggetto passivo, ponendolo nell’impossibilità di difendersi.

Dott.ssa Benedetta Cacace

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