IL VANO RICAVATO NEL SOTTOSUOLO CONDOMINIALE È DI PROPRIETÀ COMUNE


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Il vano ricavato nel sottosuolo condominiale è di proprietà comune

Corte di Cassazione, seconda sezione civile, sentenza n. 33163 del 2019

Nel caso di specie tutti i residenti di un condominio avevano convenuto in giudizio il proprietario di un appartamento sito al pian terreno della palazzina, per sentir accertare la proprietàcomune del locale ricavato all’interno del terrapieno ed accorpato alla cantina sottostante del convenuto, previa corresponsione allo stesso dell’indennità spettantegli.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le pretese dei condomini, ritenendo che il convenuto avesse dimostrato che il locale ricavato dall’ampliamento della cantina di sua proprietà era stato autorizzato già in fase di costruzione dell’edificio e per tale motivo doveva ritenersi facente parte del suo appartamento.

Nell’adire la Corte di Cassazione i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione degli articoli 840, 922, 934, 939 e 1117 c.c., sostenendo che a prescindere dal momento in cui il locale in questione è venuto ad esistenza lo stesso era comunque della cooperativa originaria proprietaria del fabbricato e trovandosi tale vano al di sotto del terrapieno condominiale, doveva essere riconosciuto di proprietà del condominio per accessione.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno accolto il ricorso rilevando come i giudici di merito avessero ritenuto accertata la proprietà esclusiva del locale sottostante all’appartamento dell’originario convenuto, ricavato mediante scavo nel terrapieno del condominio, sulla base della delibera di assegnazione nonché della scrittura privata tra costruttore e proprietario dell’immobile.

Tuttavia, tale decisione non si è uniformata al costante orientamento giurisprudenziale, secondo il quale

L’art. 1117 c.c. ricomprende fra le parti comuni del condominio “il suolo su cui sorge l’edificio“.
Oggetto di proprietà comune, agli effetti dell’art. 1117 c.c., è, quindi, non solo la superficie a livello del piano di campagna, bensì tutta quella porzione del terreno su cui viene a poggiare l’intero fabbricato e dunque immediatamente pure la parte sottostante di esso. Il termine “suolo“, adoperato dall’art. 1117 citato, assume, invero, un significato diverso e più ampio di quello supposto dall’art. 840 c.c., dove esso indica soltanto la superficie esposta all’aria. Piuttosto, l’art. 1117 c.c., letto sistematicamente con l’art. 840 cit. codice, implica che il sottosuolo, costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiaria che è alla base dell’edificio (seppure non menzionato espressamente dall’elencazione esemplificativa fatta dalla prima di tali disposizioni), va considerato di proprietà condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini. Pertanto, nessun condomino può, senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione, procedere all’escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto, attraendo la cosa comune nell’orbita della sua disponibilità esclusiva, verrebbe a ledere il diritto di proprietà degli altri partecipanti su una parte comune dell’edificio, privandoli dell’uso e del godimento ad essa pertinenti”.

Avv. Tania Busetto

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