DETENZIONE DI CROSTACEI VIVI IN CELLE FRIGORIFERO

Detenzione di crostacei in condizioni incompatibili con la loro natura

La Corte di Cassazione Penale, sez III, con la sentenza n. 30177 del 17 gennaio 2017 ha stabilito che detenere i crostacei in condizioni contrarie alla loro natura integra il reato ex art. 727 c.p.

La vicenda:

Il Tribunale di Firenze aveva condannato il direttore di un ristorante per aver detenuto alcuni crostacei vivi all’interno di una cella frigorifera e con le chele legate, pertanto in condizioni incompatibili con la loro natura e produttivi di gravi sofferenze all’animale, ex art. 727 c.p.

L’uomo aveva proposto ricorso in Cassazione, lamentando la violazione dell’art. 606, comma 1, lett b) ed e) del c.p.p., sotto il profilo della carenza dell’elemento materiale e psicologico del reato.

Infatti osserva che i crostacei vengono consegnati all’interno di casse di polistirolo, adagiati sul ghiaccio e con le chele legate; e che il trasporto dall’America in queste condizioni non è sanzionato in alcun modo dall’Italia, tanto che i crostacei arrivano nei supermercati, dai rivenditori e dai ristoratori, con il benestare delle autorità sanitarie. Il ristoratore riceve la merce nello stesso giorno in cui viene cucinata, pertanto non fa altro che mantenerli nelle medesime condizioni in cui arrivano, e non vi è alcuna prova che togliere i crostacei dal ghiaccio e immergerli in acqua, e dopo poche ore, cucinarli causi loro meno sofferenza, infatti noto invece che l’animale tenuto a basse temperature vive le sue ultime ore in uno stato di torpore e anestesia che annulla la sensazione di dolore.

L’assenza di sofferenza grave per l’animale fa cadere l’elemento psicologico in termini di colpa, secondo l’imputato.

La decisione della Corte di Cassazione:

La Corte di Cassazione ritiene il ricorso manifestamente infondato, dando continuità all’oramai consolidato orientamento secondo cui:

“In tema di maltrattamento di animali, il reato permanente di cui all’art. 727 c.p. è integrato dalla detenzione di animali con modalità tali da arrecare gravi sofferenze, incompatibili con la loro natura, avuto riguardo, per le specie più note, quali ad esempio, gli animali domestici, al patrimonio di comune esperienza e conoscenza e, per le altre, alle acquisizioni delle scienze naturali”.

Solamente negli ultimi anni alcune ricerche hanno riportato come alcuni componenti della comunità scientifica ritengono che i crostacei siano esseri senzienti ed in grado di provare dolore.

Una volta accertato il fatto che il direttore del ristorante conservava i crostacei in frigo, a temperature prossime allo 0, il Giudice ha rilevato che tali animali vivono in acque con temperature elevate e che, non solamente i ristoranti più importanti, ma anche i supermercati della grande distribuzione, li conservano in grandi acquari con acqua calda ed ossigenata, pertanto oramai è diffusa una grande sensibilità nella comunità che induce all’adozione di accorgimenti economicamente più gravosi, che tuttavia consentono di accogliere gli animali in condizioni più consone alla loro natura

Il Giudice ha rilevato come l’imputato non avesse l’intenzione di infliggere sofferenze all’animale, ma fosse semplicemente indifferente rispetto alle sue condizioni.

Il Tribunale aveva quindi osservato correttamente che la consuetudine di cucinare detti animali ancora vivi non esclude che le modalità di detenzione possano costituire maltrattamenti, in quanto, mentre la particolare modalità di cottura può essere considerata lecita in forza del riconoscimento dell’uso comune, le sofferenze causate dalla detenzione dei crostacei in attesa di essere cucinati non possono essere parimenti giustificate, in quanto solamente nel primo caso l’interesse alla non sofferenza dell’animale soccombe nel bilanciamento con altri interessi umani di più varia natura.

Al contrario non può considerarsi come una consuetudine socialmente apprezzata quella di detenere i crostacei a temperatura così rigida, tale da provocargli sicure sofferenze, dato che, come evidenziato gli operatori economici usano sistemi più costosi nella loro detenzione.

I giudici della Corte hanno disposto che:

“La contravvenzione di cui all’art 727 c.p., si colloca nella stessa direzione di tutela delle fattispecie di cui agli artt. 544-bis e ss, perché comune è l’oggettività giuridica tra le ipotesi di reato delittuose e contravvenzionale, in quanto tesa a salvaguardare la diffusa sensibilità dell’uomo verso la sofferenza degli animali.

Deve quindi ritenersi che, al pari della tutela apprestata nei confronti degli animali di affezione, integra il reato ritenuto in sentenza la detenzione dei crostacei secondo modalità per loro produttive di gravi sofferenze e, per altro, adottate per ragioni di contenimento di spesa, con la conseguenza che, nel bilanciamento tra interesse economico e interesse alla non sofferenza dell’animale, è quest’ultimo che, in tal caso, deve ritenersi prevalente e quindi penalmente tutelato in assenza di norme o di usi riconosciuti in senso diverso”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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