CORTE DI CASSAZIONE: L’AVVOCATO DEVE ESSERE PAGATO ANCHE SE RINUNCIA

Nel caso in cui la controversia sia definita con transazione e successivamente abbandonata, ciò non significa che l’avvocato non debba essere pagato per l’attività svolta.

Lo stesso vale anche quando la transazione sia stata stipulata senza l’intervento degli avvocati, che si siano limitati ad abbandonare la causa dal ruolo o a rinunciare ritualmente agli atti del giudizio.

Come si evince dalla sentenza n. 184/2018 della Corte di Cassazione, l’estensione anche alle predette ipotesi dell’obbligo delle parti che abbiano transato una vertenza giudiziaria di farsi carico solidalmente del pagamento degli onorari degli avvocati, trova fondamento in tre circostanze:

  • Nella latitudine della formula normativa di cui all’art. 68 del r.d.l. n. 1578/1933;
  • Nella sua finalità di evitare intese con le quali le parti eludano il giusto compenso e il rimborso alle spese;
  • Nella natura dell’accordo quale presupposto di fatto per l’ottenimento degli onorari e delle spese.

V. anche

Secondo i giudici ai fini del pagamento del proprio compenso professionale, il legale non è onerato di fornire la prova scritta che tra le parti sia intervenuta una transazione.

Infatti, l’accordo transattivo può essere desunto utilmente anche dall’estinzione del giudizio conseguente alla rinuncia agli atti da parte dell’avvocato stesso, specie nel caso in cui, come nella vicenda oggetto della sentenza n. 184/2018 della Corte di Cassazione, il cliente aveva anche ammesso che un tale esito era stato concordato nel contesto di un accordo transattivo cui i legali erano rimasti estranei.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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