CONSENSO INFORMATO E STATO DI NECESSITÀ


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Il consenso informato al trattamento medico non può mai essere presunto ma deve essere espresso, impinguendo esso nel diritto del paziente ad autodeterminarsi e, conseguentemente, ad esprimere egli stesso, personalmente e direttamente, le scelte che solo lui al riguardo pertengono e rispetto alle quali nessun automatismo è consentito in relazione alla convenienza o meno  del trattamento sul piano strettamente medico-sanitario, salvo che ricorra uno stato di imminente necessità

Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 28814 del 2019

La questione giuridica che si pone alla base della pronuncia in commento è se il paziente deve sempre esprimere il proprio consenso informato o se viene fatto salvo il caso di un imminente stato di necessità questo possa essere omesso.

Il caso di specie origina dal ricorso presentato da una paziente alla quale era stata asportata l’intera mammella sinistra, durante un intervento programmato, per la sola rimozione di alcune infiltrazioni cancerose, originariamente diagnosticate di minima estensione.

la Corte d’Appello aveva riformato la pronuncia del Tribunale, rigettando integralmente la pretesa risarcitoria della paziente, per i presunti danni esistenziali arrecateli per mancato consenso informato in relazione al più invasivo intervento.

Nell’adire la Corte di Cassazione la ricorrente lamenta che la decisione impugnata avrebbe  leso il suo diritto all’autodeterminazione e al consenso informato ex artt. 2, 13, 32 Cost., art 8 della CEDU, L. 23 dicembre 1978, n. 833 art. 23 e art. 2059 c.c., per aver firmato solamente un modulo generico di consenso informato.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno ritenuto non fondato il ricorso, ritenendo che la Corte d’Appello avesse correttamente distinto il danno alla salute nascente da inesatta prestazione medica e quello derivante da mancanza di valido consenso informato.

Per quanto concerne il primo i giudici di legittimità avevano correttamente escluso che vi fosse un danno alla salute, dato che l’intervento chirurgico era stato correttamente eseguito, mentre per quanto concerne il secondo la ricorrente non aveva prodotto in giudizio il modulo firmato quindi non era possibile disquisire in merito.

La scelta operatoria ulteriore rispetto a quella originariamente programmata era stata compiuta in forza dello stato di necessità, derivante dall’accertamento, in fase operatoria, della particolare gravità della patologia riscontrata, suscettibile di rapida espansione.

Per tali ragioni si deve addivenire alla conclusione che la sentenza impugnata è conforma al costante orientamento giurisprudenziale, secondo cui

“il consenso informato al trattamento medico non può mai essere presunto ma deve essere espresso, impinguendo esso nel diritto del paziente ad autodeterminarsi e, conseguentemente, ad esprimere egli stesso, personalmente e direttamente, le scelte che solo lui al riguardo pertengono e rispetto alle quali nessun automatismo è consentito in relazione alla convenienza o meno  del trattamento sul piano strettamente medico-sanitario, salvo che ricorra uno stato di imminente necessità”.

Dott.ssa Benedetta Cacace

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