CONCESSA LA RIPARAZIONE DELL’AUTO ANCHE SE IL COSTO E’ SUPERIORE AL SUO VALORE

IL RISARCIMENTO PER EQUIVALENTE O LA REINTEGRAZIONE IN FORMA SPECIFICA : IL DANNEGGIATO PUÒ AVERE SERIE ED APPREZZABILI RAGIONI PER PREFERIRE LA RIPARAZIONE ALLA SOSTITUZIONE DEL VEICOLO DANNEGGIATO (AD ES., PERCHÉ GLI RISULTA PIÙ AGEVOLE LA GUIDA DI UN MEZZO CUI È ABITUATO O PERCHÉ VI SONO DIFFICOLTÀ DI REPERIRNE UNO CON CARATTERISTICHE SIMILARI SUL MERCATO O PERCHÉ VUOLE SOTTRARSI AI TEMPI DELLA RICERCA DI UN VEICOLO EQUIPOLLENTE E AI RISCHI DI UN USATO CHE POTREBBE RIVELARSI NON AFFIDABILE) E CHE UNA PIENA SODDISFAZIONE DELLE SUE RAGIONI RISARCITORIE PUÒ COMPORTARE UN COSTO ANCHE NOTEVOLMENTE SUPERIORE A QUELLO DELLA SOSTITUZIONE

Con la recente ordinanza n. 10686 della III Sezione civile della Corte di Cassazione del 20/04/2023 (data ud. 23/01/2023), gli ermellini hanno ritenuto che, nell’opzionare il risarcimento per equivalente o la reintegrazione in forma specifica, occorre tener conto che

il danneggiato può avere serie ed apprezzabili ragioni per preferire la riparazione alla sostituzione del veicolo danneggiato (ad es., perché gli risulta più agevole la guida di un mezzo cui è abituato o perché vi sono difficoltà di reperirne uno con caratteristiche similari sul mercato o perché vuole sottrarsi ai tempi della ricerca di un veicolo equipollente e ai rischi di un usato che potrebbe rivelarsi non affidabile) e che una piena soddisfazione delle sue ragioni risarcitorie può comportare un costo anche notevolmente superiore a quello della sostituzione”.

In particolare, nella vicenda sottesa alla pronuncia in esame, il conducente e la proprietaria di una vettura, agivano per il risarcimento dei danni derivati ad una vettura da un incidente stradale. La domanda atteneva il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alle lesioni riportate e il risarcimento dei danni materiali subiti dalla vettura.

La vicenda approdava in Tribunale che, tra le altre, decideva di ridurre gli importi risarcitori, dichiarando di effettuare una liquidazione per equivalente in luogo di quella in forma specifica compiuta dal primo giudice.

La decisione veniva cassata dalla Suprema Corte che, con il proprio ragionamento, ha escluso che le compagnie assicurative si rifiutino a priori di pagare i danni se superiori al valore dell’auto, suggerendo una rottamazione.

In particolare, in tal caso, il danneggiato aveva chiesto un risarcimento pari quasi al doppio del valore del veicolo.

Per gli Ermellini

la disposizione dell’art. 2058 c.c. prevede che il danneggiato possa chiedere la reintegrazione in forma specifica, qualora sia in tutto o in parte possibile (1 co.), consentendo tuttavia al giudice di disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore; ciò significa che, in relazione al danno subito da un veicolo, nel primo caso la somma dovuta è calcolata sui costi necessari per la riparazione, mentre nel secondo è riferita alla differenza fra il valore del bene integro (ossia nel suo stato ante sinistro) e quello del bene danneggiato (cfr. Cass. n. 5993/1997 e Cass. n. 27546/2017), ovvero nella “differenza fra il valore commerciale del veicolo prima dell’incidente e la somma ricavabile dalla vendita di esso, nelle condizioni in cui si è venuto a trovare dopo l’incidente, con l’aggiunta ulteriore della somma occorrente per le spese di immatricolazione e accessori del veicolo sostitutivo di quello danneggiato””.

Il dispositivo in parola quindi, detta la regola e poi l’eccezione ma, quanto al bilanciamento tra gli interessi del danneggiato e l’eccessiva onerosità, che la giurisprudenza ha ritenuta ricorrente

allorquando il costo delle riparazioni superi notevolmente il valore di mercato del veicolo” (cfr Cass. n. 2402/1998, Cass. n. 21012/2010 e Cass. n. 10196/2022), occorre tener conto dei motivi per cui il danneggiato preferirebbe una riparazione alla sostituzione: “al debitore non può essere imposta sempre e comunque (a qualunque costo) la reintegrazione in forma specifica, dato che l’obbligo risarcitorio deve essere comunque parametrato a elementi oggettivi e che, pur tenendo conto dell’interesse del danneggiato al ripristino del bene e della possibilità che i costi di tale ripristino si discostino anche in misura sensibile dal valore di scambio del bene, non può consentirsi che al danneggiato venga riconosciuto più di quanto necessario per elidere il pregiudizio subito (ostandovi il principio -sotteso all’intero sistema della responsabilità civile- secondo cui il risarcimento deve essere integrale, ma non può eccedere la misura del danno e comportare un arricchimento per il danneggiato)” ma ciò non può tradursi nel sacrificio di specifiche esigenze del danneggiato a veder ripristinato il proprio mezzo.

La verifica dell’eccessiva onerosità quindi non deve basarsi solamente sulla entità dei costi, ma anche sulla valutazione del fatto che la reintegrazione in forma specifica comporti o meno un ingiusto arricchimento per il danneggiato.

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Cass. civ., Sez. III, Ord., (data ud. 23.01.2023) 20.04.2023, n. 10686