COLPA MEDICA, IMPRUDENZA ED IMPERIZIA

Correre reiteratamente lo stesso rischio, nonostante si conoscano le conseguenze, può configurare per il medico l’ipotesi di imprudenza o imperizia

Corte di Cassazione, quarta sezione penale, sentenza n. 33405 del 2018

Per imperizia si intende la mancanza di abilità e di esperienza, soprattutto nello svolgimento delle proprie mansioni; invece per imprudenza si intende la mancanza di prudenza: atteggiamento di chiunque che, per sventatezza, per trasgressione delle norme dettate dalla ragione o dall’esperienza, agisce in modo da mettere in pericolo sé stesso o altri o comunque non valuta sufficientemente le possibili conseguenze dannose dei propri atti.

Il caso in esame, giunto al vaglio dei giudici della Corte di Cassazione penale, riguarda un caso di colpa medica.

Nello specifico, una donna in qualità di anestesista aveva ripetutamente cercato di incannulare le vene del collo di un piccolo paziente di appena 17 mesi, perforando la cupola pleurica e cagionando un sanguinamento tale da provocarne il decesso.

Dalle risultanze tecniche era emerso che il bambino non vigeva in condizioni critiche e che l’anestesista avesse provato per ben 7 volte a incannulare la vena della giugulare senza alcun successo. Tale manovra, proprio per il suo alto livello di difficoltà può avere gravi conseguenze, infatti le linee guida prevedono che già dopo il quinto tentativo vi sia una probabilità dell’85% di perforare le cupole pleuriche causando un emotorace.

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Dall’epoca dei fatti ad oggi si sono succedute tre normative sulla responsabilità medica.

Nel 2007 nel nostro ordinamento non vi era alcuna particolare prescrizione in argomento.

Per tale motivo si applicavano i principi generali in materia di colpa, secondo i quali il sanitario era penalmente responsabile, ex art. 43 c.p., qualunque fosse il grado di colpa.

Nel 2012 entrò in vigore il decreto legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito in legge 8 novembre 2012 n. 189, il quale stabiliva al primo comma dell’art. 3 che il sanitario che nello svolgimento delle sue attività si atteneva alle linee guida non dovesse rispondere per colpa lieve.

L’8 marzo 2017 è entrata in vigore la c.d. Legge Gelli Bianco che ha abrogato l’art. 3 della l. n. 158 del 2012.

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Il fatto in questione era accaduto nel 2007 quando non c’erano né la legge Balduzzi, né la Gelli-Bianco, quindi si esclude la possibilità di applicare la norma in vigore allora, perché meno favorevole in quanto priva di distinzioni sul grado di colpa.

Per i giudici della Corte Cassazione è anche impossibile l’applicazione dell’articolo 560-sexies del codice penale per la parte avente ad oggetto le linee guida. La norma infatti subordina l’operatività all’emanazione delle linee guida in base a un articolato iter di elaborazione. L’applicazione dell’articolo 590-sexies c.p. dovrebbe pertanto essere limitata alla parte in cui richiama le buone pratiche assistenziali. Invece per quantoriguarda la legge Balduzzi, Gli Ermellini evidenziano che questanormativa escludeva la responsabilità penale solo in caso di rispetto “dell’arte medica”.

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Escludere la colpa a titolo di imperizia non sta a significare escludere la colpa tout court; dobbiamo analizzare se vi sia una colpa a titolo di imprudenza, in relazione alla reiterazione dei tentativi di effettuare la manovra in questione, nonostante la nota pericolosità di quest’ultima.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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