ALCUNI ASPETTI DEL MOBBING
Mobbing
La Corte di Cassazione ha stabilito che non è mobbing se le condotte avvengono a distanza di anni
Affinché sia configurabile il mobbing, gli episodi devono essere sistematici, ripetuti nel tempo e collegati tra di loro da un medesimo intento persecutorio.
Quindi, per parlare di mobbing è necessario che le condotte del datore di lavoro in danno al dipendente siano persecutorie, sistematiche e ripetute in un arco di tempo breve.
Secondo la sentenza n. 28098 del 2017 della Corte di Cassazione, non è possibile contestare al datore di lavoro, singoli episodi che sono avvenuti a distanza di anni.
Il caso di specie:
Sulla base di ciò, i giudici hanno respinto le doglianze di un lavoratore che domandava il risarcimento del danno da mobbing in ragione dell’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro che, a suo dire, sarebbe stato caratterizzato da modalità contestabili e da una inusitata frequenza.
In realtà, si trattava di 4 episodi circoscritti tra giugno e ottobre del 2005 e distaccati nel tempo sia dalle due ulteriori contestazioni disciplinari dell’ottobre 2003 che dalla contestazione, non seguita da sanzione, del novembre 2006 e da quella, dichiarata illegittima del settembre 2007.
Secondo i giudici di Cassazione ci si trova innanzi ad episodi sforniti del carattere della sistematicità, della durata dell’azione e non collegati tra di loro da un medesimo intento persecutorio e, in quanto tali, non idonei a configurare mobbing.
Infatti, manca almeno uno dei quattro parametri richiesti per potersi parlare di mobbing lavorativo, che sono stati individuati dalla giurisprudenza nei seguenti:
- Una serie di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere nei confronti della vittima, con intento vessatorio, in modo sistemico e prolungato;
- La lesione della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
- Il nesso eziologico tra condotta e pregiudizio;
- L’intento persecutorio unificante tutti i comportamenti lesivi.