UN CASO DI RAPINA

La Corte di Cassazione penale, sez. VI, con la sentenza n. 23678 del 3 giugno del 2015 ha stabilito che chiunque adoperi violenza per ottenere un credito non riconosciuto dall’ordinamento commette rapina

Nel caso in cui la condotta violenta sia diretta nei confronti di una persona diversa da quella ritenuta debitrice, per far valere un diritto non riconosciuto dall’ordinamento, non sussiste il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ma quello di rapina. Ciò è quanto disposto dalla sentenza della Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 3/06/2015, n. 23678.

La vicenda:

Un uomo era entrato in casa di due coniugi, stretti congiunti del debitore del soggetto agente per una cessione si stupefacenti, spingendo con forza la porta d’ingresso, spintonando contro il muro uno dei due coniugi ed impossessandosi di una catenina d’oro di quest’ultimo.

La fattispecie di ragion fattasi, ex art 393 c.p., si può configurare solamente nel caso in cui la condotta, fondata su un credito riconosciuto dall’ordinamento giuridico, fosse indirizzata nei confronti della persona ritenuta in buona fede come debitrice.

L’elemento che differenzia il delitto di rapina e quello di esercizio arbitrario con violenza alle persone, è da rinvenire nell’elemento soggettivo, che per quanto riguarda il secondo delitto consiste nella ragionevole opinione dell’agente di esercitare un diritto con la coscienza che l’oggetto della pretesa gli competa giuridicamente, mentre per la rapina di concretizza nel fine di procurare un ingiusto profitto, con la consapevolezza che quanto si pretende non compete.

Come conferma la giurisprudenza di legittimità, anche in presenza di una ragionevole opinione di esercitare un proprio diritto, allorché la violenza o la minaccia si estrinsechino in forme di tale forza intimidatoria che vanno al di là di ogni ragionevole intento di far valere un diritto, allora la condotta risulta essere finalizzata al conseguimento di un profitto, che assume ex se i caratteri dell’ingiustizia, con la conseguenza ulteriore  che le modalità violente di questa condotta vengono ad integrare gli estremi del reato ex art. 628 c.p.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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